Un fattore mi ha sempre stupito osservando i vari Presidenti di Consorzio; essere più attenti a come gira il vento della politica piuttosto che immaginare un futuro di sistema per i propri consociati.
Non è esente da questo virus assai pericoloso il Presidente dei barolisti Matteo Ascheri. Che oggi si scaglia contro l’acquisizione di Renzo Rosso, e in generale parla di “lupi della finanza”.
In pieno clima di “sovranismo alimentare” lollobrigidiano (inteso come ministro, non come defunta attrice), ad essere attaccato sarebbe il bel mondo perfetto dei produttori di Langa.
Chi scrive questo pezzo ritiene che il mercato abbia sempre ragione nel lungo termine, e che la mano pubblica quasi sempre faccia danni. Quindi ritengo le dichiarazioni di Ascheri “sparate senza senso”.
Ma voglio ragionare con i pochi lettori di questo blog.
Arrivati nel 2023, sarebbe giusto immaginare per uno dei territori italiani di maggior successo turistico ed enoindustriale (le Langhe) un futuro sostenibile per le future generazioni.
E’ sostenibile un modello di piccole aziende familiari seppur di eccellenza? Ragioniamoci, ma a mio parere no. E’ sostenibile invece che grandi imprenditori affianchino famiglie proprietarie (in varie forme) per portare le aziende nei prossimi 30-40 anni. Certo.
Renzo Rosso, ma potrei fare anche l’esempio di Gianfranco Lanci, hanno portato e porteranno in Piemonte esperienze internazionali e di managerialità preziosissime in un mondo che cambia a ritmi serrati.
Va bene il prodotto, che come ricorda Ascheri è di eccellenza. Nessuno lo discute. Ma intorno al prodotto, oggi le aziende non possono solo vivere di territorio e tradizioni. Ci vogliono marketing, tecnologie, controllo di gestione ed accesso ai capitali e mercati.
Vendere o affiancarsi ad altri per far crescere una Cantina non deve essere un tabù. Si chiama futuro. Il futuro del Barolo come lo Champagne? Perchè no.