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La Torino che verrà dovrà raccontarsi con equilibrio

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In vista delle elezioni 2021 per il rinnovo dell’Amministrazione comunale di Torino molti commentatori, osservatori, candidati in pectore o ambiziosi parvenu stanno delineando la Torino che verrà, o la loro visione di città.

Alcuni spinti da una sincera voglia di impegno politico e civico, altri per pura visibilità, altri ancora per cercare cooptazioni. Ma questa è la politica da sempre, ovviamente non solo a Torino.

Chi scrive è un semplice elettore che nel 2020 ha co-fondato una piccola società di consulenza con ancora il primo bilancio da depositare.

Sono quindi un semplice osservatore, non certamente con un curriculum all’altezza di altri personaggi e smanioso di mettermi in mostra.

Ma da mestierante del marketing e della comunicazione noto un fenomeno che travolge in pieno la mia Torino ogniqualvolta viene comunicata all’esterno. Un fenomeno che ha due facce, la faccia del potere in auge e del potere che vuole sostituire il precedente.

Quando il potere in auge comunica, la formula dominante è: “Torino Capitale di …”. Che sia cioccolato, arte contemporanea, automobile poco importa. Bastano una ventina di murales e Torino diventa “Capitale della Street Art”.

Ovviamente non bisogna essere dei tecnici per capire il pericolo di questo approccio: caricare di eccessive aspettative ogni iniziativa, rischiare di farle perdere slancio e farla apparire risibile quando messa in confronto con altre imprese similari in altre città.

Dall’altra parte, chi vuole subentrare al potere in auge invece non salva nulla. All’analisi del novello censore Torino è irrimediabilmente un catino di “sfigati”, una città dove non succede più nulla, dove chi vale emigra ecc. ecc.

Si salva da questa febbre distruttiva il candidato civico Paolo Damilano, che ha chiamato la sua lista “Torino Bellissima”.

La verità la dicono i numeri, per il caso di Torino l’annuale rapporto Rota (lavoro meritorio e di alto livello, ma che forse comunicativamente avrebbe bisogno di una revisione).

Per molte ragioni, ragioni che affondano ben prima della crisi 2020, Torino è con Genova la grande malata del Nord Italia. Non è questa la sede per elencare motivi o soluzioni, ma nel racconto della Torino che verrà è un fattore da piazzare al centro del tavolo.

La Torino che verrà: intercettare il fermento e saperlo comunicare

Ma chi vive Torino ogni giorno, pur nell’ottica limitata del proprio ambiente o bolla, non può non notare un fermento che il 2020 ha solo scalfito.

Il modello delle Cucine Solidali torinesi, per esempio, ha portato imprenditori di uno dei settori più colpiti dalla pandemia a parlarsi ed agire.

Con la mia FeelthebEAT, in pochi mesi, ho toccato con mano aziende che continuano a puntare su Torino se pur con timore e preoccupazione.

Cosa fare?

Un raggruppamento di investitori raccolti sotto il cappello Alma Italia spa, per esempio, è riuscito a lanciare in pochi mesi il brand di abbigliamento ecosostenibile Cannadibambù.

O sapete che in corso Orbassano esiste un Hub dove, fra le altre aziende, ha sede una realtà della robotica avanzata come IDT Solutions?

E ancora, in un anno nero per la cultura torinese, un collettivo artistico come This Is Not Torino è riuscito a ridare vita all’ex Teatro Macario.

Il prossimo sindac* della Torino che verrà dovrà essere capace di intercettare le eccellenze che navigano nel fiume carsico dell’area metropolitana, essere capace di aumentarne la spinta e di comunicarle al mondo. Come?

E’ tempo di uno storyteller o un Assessorato all’identità torinese

La città di Detroit nel 2017 nominò Aaron Foley come primo “Chief Storyteller” della città.

L’immagine dell’ex Motortown americana andava recuperata dopo anni di articoli negativi e crisi dell’auto e dell’industria. Ma Detroit era diventata, negli anni, molto di più che un ex metropoli industriale.

Anche per Torino è tempo di un professionista (con budget) dedicato al racconto di una città complessa ma con storie da raccontare. Uno storyteller ma possibilmente ancora di più, un vero e propria Assessorato all’Identità torinese.

Inaugurare un racconto dell’area metropolitana che superi la mera celebrazione o il video “drone-piazza San Carlo-piazza Vittorio” ancora in voga nelle tante aree di promozione cittadine.

Post Scriptum: esistono anche tanti bravi storyteller non diplomati alla Scuola Holden >:D



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Dario Ujetto

Da adolescente senza computer a quasi quarantenne googleiano DOC. Ovvero: come passare dalla lettura del giornale cartaceo, alla scrittura di un blog in meno di un nano secondo. Ma mi occupo anche di marketing, cibo, libri e comunicazione.

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