Nella sua bella e famosa newsletter, Francesco Oggiano parla degli imprenditori TikTok (al link il post originale)
In parole povere imprenditori che partendo da attività retail comuni, sono riusciti a diventare degli influencer creando valore anche per la loro attività. E nel caso di Tommaso Mazzanti hanno portato alla creazione di vere e proprie catene internazionali.
Prendiamo a prestito parte del testo perchè il giornalista ha schematizzato bene un modus operandi comune.
L’ispirazione per questo numero mi è venuta guardando questa bella intervista di Tommaso Mazzanti. «L’antico vinaio», quello di «Bada come la fuma» ha raccontato il suo percorso: dalla bottega ereditata dai genitori, al primo video 10 anni fa su Facebook, fino all’impero da 26 locali aperti nel mondo, 44 mln € di fatturato e un accordo multimilionario con i Percassi.
Mi ha fatto capire come ci sia questa nuova generazione di imprenditori che sta crescendo ed esplodendo su TikTok. Qualche nome:
Sono solo alcuni nomi, che hanno ispirato tantissimi altri commercianti, bottegai, artigiani a creare contenuti simili sulla piattaforma.
I loro profili hanno alcuni comuni denominatori che costruiscono formule simili:
A differenza dei «diventati famosi» delle generazioni precedenti, non hanno come fine ultimo partecipare al Gf. Piuttosto cercano di capitalizzare la fama ottenuta su TikTok per accrescere il loro core business.
Aprono nuovi punti vendita, mettono su linee di ecommerce, stipulando accordi multimilionari con i fondi.
Almeno per ora sono e vogliono rimanere imprenditori. Sono una nuova classe di creator, quella perfetta per una piattaforma che punta sulle verticalità delle professioni, e che vuole unire sempre più la creazione di contenuti alla vendita di prodotti, facendosi piattaforma d’intrattenimento e commercio.
Ieri il caso Franchino/Tramezzini ha sollevato non solo su questo blog reazioni contrastanti. Molti sottovalutano ancora i creator, li sminuiscono o li deridono. Altri consigliano indifferenza, come se fossimo ancora negli anni novanta.
La prima critica può essere la “tamarraggine” al limite del trash di Donato o l’eccessiva ruspantezza di Tommaso Mazzanti. Vero, ognuno ha il proprio target e posizionamento e non tutti sono show-man.
L’eccesso non è amico della sabaudità, ma vi invito a riflettere invece sul caso di Fulvio Marino. Un posizionamento elegante ma accessibile e ben pianificate apparizioni televisive ed editoriali hanno creato un personal-branding che ha spinto anche Mulino Marino, l’azienda familiare.
Altro caso di influencer elegante costruita sull’attività familiare è quello di Francesca Bardelli Nonino. Stile, come quello di Marino, poco gridato e non alla ricerca del trash.
Insomma, i social sono mezzi di comunicazione da approcciare con strategia e scelte di posizionamento. Ma non certamente da ignorare.
Vero che Angelo Gaja non ha nemmeno un sito web, ma di Angelo Gaja ce n’è uno.