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Emiliano Zappalà esiste? Sì, ma ora basta storytelling!

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Emiliano Zappalà è il secondo nome più ricercato in questi giorni dopo quello di Clemente Mastella.

Il “rider felice” descritto da La Stampa e il Messaggero è protagonista di articoli che narrerebbero di un’attività da 2.000€ netti al mese, 4.000€ lordi consegnando cibo per Deliveroo (protagonista di una condanna ad inizio anno).

“Casualmente” prima il quotidiano romano poi tal Antonella Boralevi (firma de La Stampa) prendevano Emiliano Zappalà come esempio di tenacia, voglia di farcela.

Il rider sarebbe un ex titolare di Studio da commercialista piegato dalla crisi (strano, il mio lavora h24 da mesi). Dopo la chiusura dell’attività, percorrerebbe 100km al giorno in sella alla sua bici a consegnare cibo.

Ovviamente non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che quelle cifre e la storia in generale sembra inventata da un mediocre studio di PR.

Il magazine The Submarine a firma Stefano Colombo scrive: la fonte è un’intervista pubblicata il 15 gennaio sul Messaggero (se ne può leggere una trascrizione su Dagospia), che poi Boralevi ha ripreso per il proprio articolo sulla Stampa.

Di Emiliano Zappalà però sui social network non sembra esserci traccia, né sembra possibile risalire con certezza al suo passato da commercialista. Diversi utenti  su Twitter, al contrario, fanno notare che nessuna persona con questo nome risulta iscritta al momento all’ordine dei commercialisti.

Si sarà tolto — si potrebbe obiettare — visto che è così contento di fare il rider: “All’inizio dello scorso anno ho chiuso lo studio che avevo avviato da poco, oggi guadagno in media più di duemila euro netti al mese e sto pure mettendo da parte i soldi per aprire un mutuo e comprare casa con la mia compagna“.

Alcuni osservatori attenti come Osvaldo Danzi hanno preso chiaramente una posizione: [Il Rider Commercialista e la dignità abusata] si chiamerebbe Emiliano Zappalà, il Covid gli ha fatto chiudere lo studio di commercialista, ma ora è un “rider felice” che guadagna “fino a 4000 euro al mese”.”Si chiamerebbe” perchè sui social non esiste e se si digita il suo nome in rete non viene fuori nulla.Il sig. Zappalà non risulta iscritto all’albo dei Commercialisti (e per scrupolo nemmeno a quello dei Consulenti del Lavoro, casomai i giornali “a volte” avessero confuso le due professioni).

Non voglio arrivare a credere che sia una figura di fantasia; forse, molto semplicemente non c’era nessun “studio da chiudere” e si tratta di un praticante.La notizia, che sui social è diventata preda di chi ama condividere “storie di successo”, è stata pubblicata da La Stampa ed ha il sapore amaro di un favore offerto a chi deve rifarsi il trucco dopo la recente condanna del Tribunale di Bologna per l’utilizzo improprio dell’algoritmo con cui si gestiscono i riders, dopo la delegittimazione del CCNL da parte di tutte le sigle sindacali e dopo la notizia della morte di un rider di qualche giorno fa.

Proprio per questo, la parola “dignità” tanto abusata nell’articolo, dovrebbe riguardare più da vicino chi fa il mestiere del giornalista. E che a volte la dignità se l’è dimenticata.

Alle 17,20 arriva su Open il fact-checking di David Puente: la storia di un commercialista che chiude il suo studio per diventare un rider felice, con ottimi guadagni, si rivela in buona parte falsa.

Lo stesso Emanuele Zappalà precisa: “Ci sono inesattezze, il rider sono io Emanuele Zappalà età 37 anni, ho studiato ragioneria, sono stato tirocinante in uno studio commercialistico addetto alle buste paga. Ho anche altre esperienze lavorative, non sono passato direttamente dal commercialista al rider , sicuro al telefono ci siamo capiti male . Detto questo come detto mille volte , ho guadagni per dimostrare il tutto, e sono a disposizione di chiunque voglia fare una giornata di lavoro con me, al signor danzi L ho proposto mille volte , e ne approfitto per riproporlo. Saluti

Quindi non è titolare di Studio, non ha iniziato a fare il rider causa Covid-19 ma conferma i guadagni.

Cercando qualche riferimento su Emanuele Zappalà scopriamo che non è affatto un nome nuovo. Il 16 settembre 2020 viene citato da Tgcal24.it in un articolo dal titolo «Lavoro, firmato primo contratto CCNL in Europa tra AssoDelivery e UGL per tutelare i rider». All’interno troviamo anche un video dove interviene proprio il rider.

Emanuele Zappalà: i guadagni sono possibili?

Ma è davvero possibile guadagnare tutti questi soldi facendo il rider? Per guadagnare “più di duemila euro netti al mese” Zappalà — o chi per lui — dovrebbe lavorare un monte ore spropositato: ipotizzando un già solido pagamento per il settore di 7,5 € lordi all’ora, si traduce in 9 ore al giorno, tutti i giorni della settimana. Per arrivare ai fantomatici quattromila euro — sempre lordi, per giunta — bisogna lavorare quindi quasi 18 ore al giorno.



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Dario Ujetto

Da adolescente senza computer a quasi quarantenne googleiano DOC. Ovvero: come passare dalla lettura del giornale cartaceo, alla scrittura di un blog in meno di un nano secondo. Ma mi occupo anche di marketing, cibo, libri e comunicazione.

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