Il 2020 non si preannuncia un buon anno per il vino italiano.
E per una volta non parliamo di cambiamenti climatici o vendemmia, ma di venti di guerra, dazi USA e Trump.
Il mercato Nordamericano è strategico per il nostro sistema vino.
Solo nel 2018 le esportazioni verso l’America erano aumentate del 6,8%, il dato più alto degli ultimi cinque anni, con un incremento globale dell’1,2%.
I dati, comunicati dall’Italian Trade Agency, facevano parte del rapporto sull’import-export redatto dal Dipartimento americano del commercio .
Il vino italiano ha una valutazione media di 5,9 dollari al litro (5,26€).
I produttori italiani hanno esportato (2018) negli Stati Uniti vino per un valore di 1,984 miliardi di dollari (piu’ 6,8% rispetto al 2017), con 3,4 milioni di ettolitri.
Il vino rappresenta il 40% del totale dei prodotti agroalimentari e bevande italiani esportati in Usa.
Cosa è successo?
Il vino italiano si ritrova in mezzo ad una complessa guerra commerciale iniziata dall’Amministrazione Trump. Prima contro i cinesi, poi contro l’Unione Europea. Obiettivo è riequilibrare la bilancia commerciale statunitense.
La scuse per aumentare i dazi su alcuni prodotti europei sono state la WebTax introdotta dal governo francese e alcune presunte discriminazioni contro Boeing.
Le fonti originali dell’intervento USA sono pubblicate qui e qui.
Una lunga lista di prodotti UE e UK sarebbero colpiti da dazi del 25% (ma anche del 100%) sul valore finale del prodotto.
Con ovvie conseguenze in termini di perdita di quote di mercato. Anche e soprattutto per il vino italiano ed altri prodotti della nostra enogastronomia.
Manca poco al 13 gennaio 2020, giorno in cui il Dipartimento del Commercio Usa deciderà quali prodotti di quelli già colpiti dai dazi debbano rimanere in lista, e quali della seconda lista dei papabili finiranno sotto la scure di una guerra commerciale nata da tutt’altro presupposto, ossia quello della disputa tra i due giganti dei cieli, Boeing ed Airbus.
Antonio Galloni, fondatore di Vinous e uno dei maggiori esperti di vino in USA, ha scritto il 2 gennaio 2020 direttamente al Presidente Trump.
In ballo c’è un’industria che da lavoro ad oltre un milione di persone, sviluppa oltre 68 miliardi$ di vendite interne ma si regge per il 75% sulle importazioni dall’Unione Europea (con Francia ed Italia leader assoluti).
Inoltre, una guerra commerciale sui vini e le ritorsione dell’Unione Europea colpirebbero anche i produttori californiani (qui il testo originale).
Michele Antonio Fino, professore di Pollenzo e coltivatore, si è fatto portavoce di 100 vignaioli italiani è ha lanciato su Change.Org una petizione indirizzata al Ministro Teresa Bellanova.
“Siamo 100 vignaioli di tutta Italia e abbiamo scritto e firmato un grido di aiuto: l’aumento dei dazi americani sul vino proveniente dall’UE sarà una catastrofe senza precedenti.
Il mondo del vino sarà sconvolto: dalle vigne ai ristoranti dove i vini vengono distribuiti e serviti da centinaia di piccole e medie imprese. Questo non è giusto, perchè le dispute tra UE e USA nulla hanno a che vedere con il mondo del vino e sopratutto perché mai, nella storia, guerre commerciali a colpi di dazi hanno portato progresso, prosperità e pace”.
Prende posizione anche Paolo Castelletti di Unione Italiana Vini.
“La tutela del business e dei posti di lavoro in America dei soggetti che oggi importano i nostri vini e hanno investito sui nostri brand – aggiunge Castelletti – è uno degli argomenti che potrebbe convincere il governo di Trump a esonerare il nostro settore e il nostro Paese da eventuali misure”.
“Riteniamo fondamentale un’azione ‘forte’ di tutti gli importatori Usa contro l’imposizione di dazi sui vini italiani ed europei, mediante la loro partecipazione alla public consultation di Ustr”.