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Che cos’è la schiciola e dove si mangia a Torino

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Che cos’è e da dove viene la schiciola? E perchè proprio l’ormai iconico Rossorubino di San Salvario la ri-propone ai palati torinesi?

L’orgine dei fratelli Gazzera è monferrina, di una frazione di Montiglio, anche se più vicini a Cocconato. Da qui hanno sentito parlare della schiciola. Da questa vecchia tradizione sono ripartiti. E per fare nuove le cose del passato hanno cercato di mettere d’accordo tradizione e innovazione.

Sono ripartiti anche dalle considerazioni elementari: il vino è un alimento (prelibato), il naturale abbinamento liquido al pane e salame o formaggio.

Le origini della schiciola

A metà ‘800 Monferrato e Langa non erano Patrimonio dell’Unesco, ma una realtà rurale che combatteva contro la fame. Ai tempi le risorse erano scarse e venivano sapientemente combinate in quelle che ancora oggi chiamiamo le ricette della cucina povera o della tradizione contadina.

Tutto doveva essere nutriente e saporito. Così è per la bagna caoda e per il bagnetto verde, per citare tra i più famosi piatti della nostra tradizione.

Per rendere più ricca la pasta si usava l’uovo. E proprio dall’impasto dell’agnolotto nasce la storia della schiciola. Quando finiva il ripieno, cosa farne dei ritagli dell’impasto? Friggendo delle strisce di pasta nello strutto si aveva un composto nutriente, da accompagnare ad una fetta di salame o al formaggio.

Oggi una simile preparazione sarebbe al limite della commestibilità: lo strutto non è più quello di un tempo; così come è cambiato il gusto e pure la capacità digestiva.

Con il gusto di oggi, la ricetta originaria è stata rivisitata dallo staff di Rossorubino in chiave moderna. Dunque:

  • Sono ripartiti dalla farina, scegliendo un tipo 1 da grani antichi, per esaltare il grano, quello vero;
  • Hanno selezionato una macinatura rigorosamente a pietra per arricchirne le capacità nutrizionali;
  • Ottimizzano l’uso dell’uovo per mantenere l’impasto più gustoso;
  • Scelgono una doppia lievitazione per migliorare la digeribilità;
  • Hanno optato per il forno per facilitare la masticabilità e privilegiare la leggerezza.

La tradizione di oggi è l’innovazione di ieri

Sono stati ingegnosi i nostri avi a sfruttare in modo sempre diverso le poche risorse disponibili. Se all’epoca l’innovazione era elaborare piatti sempre nuovi e succulenti, oggi ci siamo abituati a ricercare leggerezza, piacevolezza e benessere più che sazietà.

Come un tempo si sforzavano per far arrivare i prodotti da luoghi lontani (dal sale alle acciughe), per noi oggi è una tradizione andare a scovare novità e scoperte.

Pur nel solco della tradizione locale, proseguiamo nella ricerca e selezione di prodotti anche geograficamente lontani purché di qualità assoluta o di tipologia assente sul nostro territorio. Portiamo così avanti una rinnovata cultura del Km0 aggiornandola con una dizione che a noi pare più appropriata, quella dei prodotti a Km vero.

La schiciola così diventa una base che si presta ad essere declinata in infinite alternative, spaziando dal semplice affettato fino ad arrivare a delle guarnizioni gourmand. Nel solco della innovazione dei nostri vecchi, proviamo a rilanciare una tradizione fatta di:

  • Socialità: perché il mangiare e bere cose semplici e sfiziose unisce tutti.
  • Condivisione: perché la presentazione a più spicchi separati invita allo scambio e alla complicità.
  • Versatilità: perché può fungere da aperitivo, da light dinner, o da antipasto per una cena.
  • Gusto: perché su una base ricca, aggiungiamo una guarnizione che spazia tra tradizione e gourmandise.
  • Ricerca: perché la sperimentazione ci porterà ad arricchire di innovazione questa neonata tradizione.

La schiciola in pillole

La schiciola di Rossorubino è una rivisitazione in chiave moderna di una ricetta della tradizione locale che parte dall’impasto dell’agnolotto. In base alla guarnizione, la schiciola diventa sempre diversa, sempre nuova

E’ un piatto conviviale, gustoso e facilmente digeribile. Il merito di averlo presentato ai torinesi è di Rossorubino, in via Madama Cristina 21.



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