Marco Trabucco su Repubblica intervista il Presidente del Consorzio de l’Alta Langa Giulio Bava.
L’Alta Langa è un caso di successo tutto piemontese, che è riuscito a sfruttare il boom di mercato delle bolle nel mondo e in Italia ma anche la capacità di fare sistema e di attirare aziende.
In 8 anni di gestione Bava si è arrivati a produrre 2,5 milioni di bottiglie e a consorziare una quarantina di aziende (all’inizio erano diciotto).
Avendo scelto Torino come location per la campagna promozionale de l’Alta Langa, è anche tempo di ragionare sui rapporti fra questo prodotto e l’area metropolitana.
I numeri del sistema Alta Langa iniziano ad essere interessanti per competere nel mercato competitivo delle “bolle”. 350 ettari totali, un target di 3 milioni di bottiglie prodotte (per il disciplinare, tutte millesimate e con una sosta in cantina di minimo 30 mesi).
Il mercato di riferimento per il prodotto è ancora il Nord Ovest italiano, con una percentuale estera del 15% delle vendite. Vendite che anche nel 2020 hanno il segno positivo.
Nel 2011 l’Alta Langa ottenne la DOCG, ma nel 2012 arrivava a meno di 500.000 bottiglie.
La crisi ormai strutturale dell’Asti Spumante, del resto, ha portato il prodotto a candidarsi come prodotto di fascia alta della spumantistica piemontese. Del resto, la positiva onda di mercato fa pendere l’ago della bilancio per l’ottimismo (seppur temperato non solo causa Covid).
Già nel 2019 i dati Istat elaborati da Ismea evidenziavano Il Prosecco come leader di mercato (il 65% dell’intero export a volume di spumanti, cresciuto del 21% a fronte del -10% dell’Asti e accompagnato da un ridimensionamento significativo anche degli altri spumanti Dop).
Ma nelle parole di Giulio Bava non sono i prosecchisti i veri concorrenti italiani, semmai la corsa è contro Franciacorta e Trento.