La questione “Etichette del vino” è l’ennesima occasione per fare anti-europeismo becero. Da anni l’Unione Europea è ritenuta colpevole di ogni nefandezza dai nazionalisti nostrani, salvo poi andare benissimo quando arrivano fondi strutturali e PNRR.
Non fa eccezione il mondo agricolo, da sempre iper-dipendente dai fondi FEASR per il sostegno della Politica Agricola Comune. Che però periodicamente, per voce di Coldiretti, è sempre pronto ad attaccare l’Europa come matrigna.
Non fa eccezione la questione degli avvisi sanitari sulle etichette che l’Irlanda vuole apporre sulle bottiglie. Che è un falso problema.
L’Italia non è criminalizzata. Mentre il linguaggio usato per commentare la notizia è solo sensazionalistico o vittimistico. Coldiretti ha avanzato anche dei numeri, ma senza indicare le caratteristiche del campione di riferimento o le modalità di rilevamento online.
L’Irlanda non è il primo paese ad avere introdotto, in modo indipendente dalle decisioni comunitarie uno health warning a difesa della salute dei consumatori.
Il magazine MilleVigne cita Michele Antonio Fino (giurista ed esperto in diritto comunitario nonché autore di Questione di Etichetta, sul suo profilo Instagram) che ricorda che l’icona della donna in gravidanza è obbligatoria su tutti gli alcolici in Francia da almeno dieci anni.
Per esportare negli USA, oltre alla stessa icona che informa sui gravi rischi connessi alla sindrome alcolica-fetale conseguente al consumo durante la gestazione, è necessario inserire in etichetta i cosiddetti government warning, con l’indicazione che il consumo di alcolici può causare problemi per la salute e che comporta dei rischi per chi si dovesse mettere alla guida.
Il via libera di Bruxelles all’etichettatura per gli alcolici venduti e consumati sul territorio irlandese arriva al termine di un iter che prevede la sottomissione alla Commissione Europea delle norme nazionali, con un periodo di moratoria di sei mesi.
Il provvedimento è stato notificato alla Commissione nel giugno 2022, nel corso dei sei mesi successivi alcuni paesi tra i quali l’Italia hanno espresso e depositato le loro opinioni sfavorevoli, senza tuttavia che alla chiusura del periodo previsto la Commissione abbia individuato delle criticità per porvi dei limiti.
I provvedimenti legati alle politiche sanitarie o sociali non sono di pertinenza della Comunità Europea (a differenza dell’agricoltura o della sicurezza alimentare), e ogni Stato presenta aspetti e criticità diverse da dover affrontare internamente.
Il consumo di alcolici in Irlanda ha un costo sociale e sanitario molto alto, che le autorità irlandesi che ne sono competenti hanno deciso di affrontare fino dal 2018 attraverso il Publich Health Alcohol Act.
L’Irish Journal of Medical Science del luglio 2021 parla di due quinti dei consumatori di alcolici irlandesi coinvolti in almeno un episodio di consumo pesante ogni mese e di una percentuale del 14,8% della popolazione complessiva che rientrerebbe nei criteri che portano a identificare un disordine legato agli alcolici.
Altri dei provvedimenti già previsti dal documento del 2018 in Irlanda sono già stati applicati, come ad esempio è avvenuto nel gennaio 2022 con l’imposizione del prezzo minimo stabilito sulla base del contenuto in alcol, allo scopo di dissuadere soprattutto i consumatori più giovani e con minore capacità di acquisto dal fenomeno del bindge drinking in un paese dove un tredicenne su venti ha già sperimentato la sua prima ubriacatura.
Con la nuova normativa interna le etichette di tutti gli alcolici commercializzati in Irlanda entro tre anni dall’approvazione da parte del governo irlandese dovranno riportare, oltre al pittogramma sul rischio relativo al consumo in gravidanza altri due avvisi di informazione sulla relazione esistente tra l’alcol e l’insorgenza dei tumori e sulle implicazioni relative alle malattie del fegato.
Link articolo MilleVigne (fonte principale per questo post).