Cosa e come si è bevuto in Italia nel 2020, anno della pandemia?
Lo rivela Ipsos, l’Area Studi Mediobanca e l’Ufficio Studi di SACE.
Hanno pubblicato nei giorni scorsi il primo report congiunto sul settore Vino & Spirits italiano, dedicato all’analisi dei mercati domestici e internazionali e allo studio delle dinamiche socio-culturali di consumo.
Nel 2019 il Veneto detiene il primato di vino prodotto, sia a volume che a valore, con il 20% del totale nazionale.
Segue la Puglia con il 19,6% a volume e il 13,3% a valore. Toscana e Piemonte hanno il 5% circa dei volumi, ma raddoppiano il peso se si guarda al valore.
Le caratteristiche regionali si notano anche nelle dinamiche di esportazione. La principale regione esportatrice di vini, nel 2020, è il Veneto con il 35,5% del totale delle vendite oltreconfine, segue il Piemonte con il 17,2% e la Toscana con il 15,5% dell’export nazionale di vino.
Nell’anno della pandemia il Veneto ha subìto un calo dell’export del 3,3%, ma sono diminuite le vendite all’estero anche dei vini di Toscana e Lombardia.
In controtendenza i vini del Trentino-Alto Adige, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte con aumento delle vendite al di fuori del territorio nazionale.
Consulta il report integrale “Vino e Spirits: le sfide di un’eccellenza italiana”
Il 2020 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un calo di fatturato del 4,1%.
Ovviamente la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) ha fatto la parte del leone.
Il canale GDO ha visto la propria incidenza salire al 38%, rispetto al 35,3% del 2019 (a valore è cresciuto del +2,3%), quello Ho.Re.Ca. si contrae dal 17,9% al 13,4% (-32,7%), mentre wine bar ed enoteche passano dal 7% al 6,7% (-21,5%).
I vini frizzanti hanno perso più terreno (-6,7%) dei vini fermi (-3,5%).
Le cooperative hanno contenuto la flessione al 2%.
L’online è esploso durante la pandemia: +74,9% le vendite sui portali web di proprietà, +435% per le piattaforme online specializzate, +747% i marketplace generalisti.
Nel 2020 gli investimenti nel digital dei maggiori produttori di vino sono aumentati del 55,8%, a fronte di un calo del 14,3% degli investimenti complessivi e del 13,4% della spesa pubblicitaria.
Le imprese con fatturato 2020 in aumento hanno venduto vino base (meno di 5 euro) per il 70,8% del loro fatturato; quota che scende al 52,6% all’interno del gruppo di imprese con vendite in calo.
Sugli scudi il bio, con vendite 2020 in aumento del 10,8%, per una quota di mercato del 2,3%; tiene il vino vegan (+0,5%, anch’esso al 2,3% del totale).
Non fanno ancora presa i vini biodinamici, in caduta del 21,9% e confinati allo 0,1% del mercato.
Infine, il 2020 ha portato uno sviluppo del 5,8% per i vini confezionati in contenitori alternativi al vetro (brick, lattine, bag in box), leggeri, ecosostenibili, adatti all’online e in linea con l’interesse per le novità delle giovani generazioni.
I maggiori produttori di vino si attendono per il 2021 una crescita del 3,5%, che arriverebbe al 4,6% per la sola componente export.
Per le maggiori società di Spirits, si prevede un anno con vendite in crescita del 5,4% e del 4% per le esportazioni.
La mappa mondiale della propensione al consumo di vino e spirits rivela che il rapporto maggiormente emancipato con il rito del bere è appannaggio dei Paesi di matrice anglofona (Australia, Gran Bretagna e Usa).
La Cina emerge come un mercato aperto e tollerante.
La core Europe appare ben allineata in posizione intermedia con Germania, Francia e Italia che mostrano livelli simili di accettazione.
Più problematico l’atteggiamento nel Sud e Sud Est del mondo, con la sola importante eccezione del Sud Africa.
In generale la propensione al consumo di vino è superiore a quello degli spirits.
Le esportazioni italiane di vini e spirits valgono il 30% delle vendite di alimenti e bevande oltreconfine e ammontano a 7,8 miliardi di euro nel 2020.
Il comparto proviene da una crescita pluriennale: +6,3% medio annuo per i vini nel periodo 2010-2019, che sale addirittura al +9,7% per gli spirits.
Nel 2020 l’export di vino italiano vale 6,3 miliardi di euro e quello generato dal comparto degli spirits vale 1,5 miliardi di euro, segnando una contrazione del 2,3% nel caso dell’export di vino e del 6,8% degli spirits; inoltre, la pandemia ha colpito pesantemente anche gli spumanti (-6,9%).
Nel biennio 2021-2022 si attende un aumento dei consumi di vino del 3,8%.
Per i due grandi importatori di vino italiano la crescita media annua è del 2% per gli USA e del 3,1% per la Germania.
In Svizzera i consumi di vino sono attesi stabili.
Discorso a parte per il Regno Unito: crescita del 2,4% l’anno, ma prospettive complicate dagli sviluppi post Brexit.
Le opportunità possono arrivare da mercati già noti al vino italiano: Canada e Giappone segnano un consumo atteso in forte crescita (+5,9% annuo per entrambi), ma è la Cina a mostrare uno dei maggiori potenziali con un +6,3% annuo.
La leadership di vendite nel 2020 è appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 581 milioni di euro (-4,4% sul 2019), nettamente distanziato dalla seconda posizione ricoperta dalla romagnola Caviro, il cui fatturato è cresciuto del 10%, avvicinandosi ai 362 milioni di euro.
Completa il podio la veneta Casa Vinicola Botter (230 milioni, +6,4%).
In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2020, IWB domina la scena con un +29,7% e, osservando la redditività, il 2020 vede in testa le società toscane e venete: Antinori (26%), Frescobaldi (24,5%) e Santa Margherita (24,2%).
La pandemia ha inciso su alcune abitudini di consumo, anche in maniera sorprendente.
La propensione dei consumatori ad acquistare bottiglie di vino nei supermercati è calata di 6 punti: il 58% degli italiani che in epoca pre-Covid si approvvigionava nella GDO, si è ridotto al 52%, anche se continua a rimanere il canale preferito per l’acquisto di vino.
Gli italiani che non si sono mai rivolti a un’enoteca per comprare una bottiglia di vino è in calo dal 48% pre-pandemico, al 42% attuale.
L’aumento degli acquisti in enoteca ha coinvolto, in primis, l’universo femminile, ma ha toccato tutti i segmenti della società, con riduzioni del 5% tra i Millennials, del 6% nella Generazione X e tra i Baby Boomers.
Sono in aumento anche gli acquirenti di vino nelle cantine dei produttori: nel periodo pre-Covid gli italiani che non si erano mai recati in una cantina di un produttore erano il 46%, oggi scesi al 39%.
L’eCommerce di proprietà consente alle persone di accedere direttamente al viticoltore: prima del lockdown il 71% degli italiani non aveva mai fatto un acquisto online dai siti di una cantina, oggi la quota è scesa di sette punti (64%).
Inoltre, la percentuale di persone che prima del Covid non aveva mai fatto ricorso al sito eCommerce o all’offerta online di una enoteca era del 74%, oggi la percentuale è scesa al 69%.
Alcuni tratti accomunano i nuovi comportamenti di acquisto dei consumatori: la ricerca di qualità; il valore del locale, dei suoi prodotti e delle imprese; il ricorso al delivery.
Se si osserva la propensione alla spesa in termini di costo della bottiglia, la tendenza, anche se con scostamenti minimi, sembra essere orientata verso due fenomeni:
Infine, il tema bio fa registrare tre distinti livelli di interesse: i bio-attratti, altamente interessati ai vini biologici e che rappresentano il 36% dei bevitori, i bio-light, caratterizzati da un approccio non convinto e un po’ modaiolo ai prodotti biologici che arrivano al 33%, e infine i bio-refrattari che formano il residuo 31%.
Tra i bio-attratti si possono trovare dei veri e propri bio-fan, che sono in parte anche high-spender, e valgono il 24% dei consumatori di vino.