Uno dei pilastri dell’Impero del “junkfood” mostra inesorabilmente le sue rughe.
Il 28 gennaio
Don Thompson ha rassegnato le dimissioni da
CEO a favore del dirigente
Easterbrook.
Tante le cause della crisi, certificata dal calo del 20% sui profitti nel quarto trimestre 2014.
McDonald’s co-gestisce 35.000 negozi nel mondo, di cui
14.200 negli USA.
Ma proprio in casa nascono i concorrenti – da
Shake Shack all’aggressivo
Chipotle – molto più abili ad intercettare
le nuove tendenze di mercato e le
nuove fasce di consumo.
Per rispondere a queste nuove catene, McDonald’s ha aggiunto negli ultimi anni oltre 200 nuovi prodotti, ingolfando il servizio e portando ad una crisi di identità (e un conseguente deterioramento della user experience).
Se un consumatore si reca al “Mc” per spendere poco e mangiare veloce, perchè dovrebbe tornare se si spende di più e si mangia meno velocemente?
Inoltre il brand “Mc” non è credibile dal punto di vista salutista e appare vecchio agli occhi delle nuove generazioni.
Steve Ells, fondatore di
Chipotle, è spietato da questo punto di vista –
“Chipotle has created the new fast food model. Our vision is really resonating with teens, millennials, and Generation X.
A recent report from 2014 ranks Chipotle as the third most popular brand among teens, up from number eight in 2013. Gen X consumers were 33% more likely than average to choose Chipotle, with millennials Chipotle was even more popular. With customers in this group 75% more likely than average to choose Chipotle over other restaurants. We believe that our popularity among these younger consumers is tied to our vision and the growing interest in issues related to food and how it is raised”.
Le catene giovani, seppur numericamente ancora piccole rispetto a “Mc”, hanno inquadrato l’azienda dagli archi d’oro come la preda grossa da cacciare e stanno erodendo quote di mercato. La lotta di mercato è aggressiva, e non lascia prigionieri.
Il vento è cambiato, McDonald’s non è più cool e sempre più persone vogliono prezzi accessibili ma salubrità alimentare.
In grande si replica il successo di
M**Bun, la
piccola catena torinese che si è conquistata il suo spazio.
Il futuro di
“Mc”? Non roseo. L’azienda sconta i
tanti scandali alimentari in giro per il mondo ma anche il fatto di non essere mai diventato un
“lovemark”. A differenza di
Starbucks (altro grande
pusher di schifezze) il re dei
“fastfood” è sempre più avvertito come locale/luogo
“sfigato”.Il declino sarà lungo e forse non giungerà la morte definitiva. Ma il decorso della malattia sarà lungo.
Ottima notizia.