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Christian Mandura e l’evoluzione di un talento

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Ho la fortuna di conoscere lo chef Christian Mandura e la sua cucina da qualche anno. Ho provato i suoi piatti a Chieri (TO) al ristorante Geranio: la sua è una cucina di avanguardia che sa giocare con gusti.

In tempi non sospetti, l’acido pochi lo conoscevano come sensazione gustativa e lui lo declinava in tante sfumature. L’amaro sembrava essere un difetto e lui ne faceva un tratto dominante di uno dei suoi piatti bandiera; l’umami iniziava a farsi spazio nei testi di chi parlava di cucina e lui lo trasformava in brodo, partendo solo da materie prime povere dalla sua cucina.

Ci sono piatti che assaggi e non dimentichi, piatti che fanno la storia di chi li cucina ed entrano in modo preponderante nella testa del cliente.

Se penso allo chef Christian Mandura penso al brodo di cipolle e anice, e alla lattuga bruciata. Sono quei piatti che vorresti qui e ora. Non mi interessa se rispettano criteri indispensabili in un grande piatto, non mi interessa se l’ho già mangiato, mi interessa il percorso mentale che ha portato alla creazione di quel piatto. Mi interessa che ci sia sostanza, mi rende felice mentre lo ordino quando lo attendo e appena lo mangio.

Unforgettable: il ristorante di Christian Mandura a Torino

Oggi il ristorante Unforgettable è una delle esperienze più importanti che ci siano in città e non solo. Non è una questione di classifica, si tratta di un’oggettiva voglia di costruire qualcosa di talmente diverso che è per sua natura rivoluzionario.

La novità principale è la scelta di mettere il vegetale al centro, una scelta dettata da una voglia profonda di incidere nel mondo della ristorazione, di essere un varco tra quello che era il passato e quello che è inevitabilmente il presente.

Un presente della ristorazione che sempre di più deve andare verso la sostenibilità effettiva, che porterà sempre di più tutti a essere consapevoli di ciò che si ha nel piatto, e dalla terra dalla quale proviene, chi lo farà per primo sarà profetico, gli altri seguiranno.

Il piatto qui è studiato con cura, tecnica, passione e profonda dedizione per questo lavoro. Un bancone unico, dove chi arriva ha voglia di vivere quell’esperienza. I piatti sono esplosioni di gusti, sapori, profumi, la tecnica si fonde con un idea di piatto. La verdura torna a essere protagonista di gusto, non rappresenta una parte del piatto, ma diventa il piatto stesso, così come per tanti altri chef torinesi, ad esempio Antonio Chiodi Latini del Chiodi Latini New Food.

Una cantina ben fornita, non scontata, una gestione del cliente semplice, professionale. I piatti rimangono ben impressi nella mente dei commensali, tutto è gioco e leggerezza. Una cucina fatta per tutti e per chiunque abbia voglia di fare un’esperienza gastronomica importante.

Io sono uscito felice, dopo aver imparato qualcosa che non sapevo. Felice di aver trovato un luogo che personifica chi sta in cucina, dove oggi si trova parte del nostro cambiamento.



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Oliviero Alotto

Nato a Torino; amo viaggiare, assaggiare e scoprire. Divido la mia vita tra l'impegno sociale e la passione per la gastronomia e il vino. Promuovo nel mondo le eccellenze enogastronomiche italiane. Amo le corse di lunga distanza e in particolare i trail running oltre i 100 km.

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