Stellantis e Torino. Il quarto produttore di auto a livello mondiale nato dalla fusione fra FCA e PSA vedrà ancora Torino come protagonista? Il dibattito è aperto. Noi abbiamo intervistato Roberto Bourbon, autore di “Dalle Stelle a Stellantis: Il futuro dell’Automotive in Italia”.
Grazie per averci inviato il tuo libro ed aver deciso di condividerlo gratuitamente con la community di EAT Piemonte. Cominciamo con una domanda: chi sei? Puoi dirci qualcosa di più su di te?
Ciao Dario e grazie per aver deciso di ospitarmi sulle pagine virtuali di Eat Piemonte! Sono un autore attivo su Amazon Kindle, grande appassionato di tecnologia, economia e politica. Sono originario di Torino e grande fan del vostro progetto.
Da anni ormai vivo in Svizzera per motivi lavorativi, ma il mio cuore rimane a Torino e in Piemonte, nel quale ancora mi reco spesso per visitare la mia famiglia e godermi il tempo libero tra natura e città.
Grazie, Roberto. Passiamo al tuo libro, intitolato “Dalle Stelle a Stellantis”. Saremmo curiosi di sapere perché hai deciso di scriverlo. Perché parlare del futuro dell’automobilismo in Italia?
Avendo Torino nel cuore, inevitabilmente sono anche appassionato di automobilismo.
La nascita di Stellantis rappresenta la prima volta in cui un gruppo italiano (automobilistico, ma verrebbe da dire in generale) acquisisce un peso rilevante in Europa. E’ un paradosso, ma l’acquisizione con Chrysler aveva dato ad FCA una rilevanza internazionale, ma non europea.
Solo con i francesi Stellantis diventa un’azienda in grado di far sentire la propria voce e contrapporla all’egemonia tedesca in fatto di automotive.
Se da un lato questo lascia ben sperare per il futuro dell’industria automobilistica italiana, dall’altra sono tante le domande che appassionati ed esperti si pongono.
Con questo libro ho voluto cercare di rispondere ad entrambi. Sia che si tratti di un appassionato, magari preoccupato del destino di Alfa Romeo, o un dirigente del settore, che si chiede come sarà possibile far funzionare 13 brand che sembrano essere in totale sovrapposizione tra loro.
Parliamo allora proprio delle prospettive dell’automobilismo italiano. Il titolo del tuo libro, “Dalle Stelle a Stellantis” non fa presagire un futuro roseo per il Piemonte in questo senso. E’ effettivamente così?
Il titolo del libro è volutamente provocatorio. Le “stelle” a cui mi riferisco sono quelle degli anni d’oro della Fiat, a partire dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ‘80. Ecco, se pensiamo a quel periodo storico non credo sia realistica l’idea che possa tornare.
La Fiat (sotto forma di Stellantis) non potrà tornare ad essere quell’egemone economico, sociale e politico che è stata. Né in ambito italiano, né in ambito europeo.
Questo però non significa che io non abbia fiducia nel nascente gruppo Stellantis. Senza dire troppo a riguardo (altrimenti nessuno leggerà il libro!), mi dichiaro moderatamente ottimista per il futuro. Penso che con Stellantis ci saranno chiare opportunità da un punto di vista industriale.
Forse per gli appassionati di automobilismo nostrani le prospettive non sono altrettanto rosee (nuovamente, senza dire troppo, non penso che Alfa abbia un grande futuro, ad esempio).
Tuttavia credo che il tessuto industriale ed imprenditoriale piemontese debba focalizzarsi a cogliere le nuove opportunità, invece di rimpiangere un passato che non tornerà.
Dicci di più a riguardo delle opportunità industriali derivanti dalla nascita di Stellantis. Quali sono? E come credi che l’imprenditoria Piemontese sia posizionata a riguardo?
La nascita di un gruppo importante come Stellantis garantisce un futuro per l’automobilismo italiano.
Magari non è il futuro che gli imprenditori dell’automotive piemontesi sognavano, ma non è affatto privo di opportunità.
A detta dello stesso Marchionne, FCA non sarebbe potuta sopravvivere per un altro decennio senza un partner strategico importante. Ora che lo ha, gli imprenditori dell’indotto automobilistico dovrebbero focalizzarsi sulle loro tecnologie e i loro punti di forza per inserirsi nell’indotto di Stellantis da vincitori.
Spesso si sottovaluta quanto il tessuto industriale torinese, con una tradizione automobilistica di oltre un secolo, possa risultare competitivo sulla scena europea e mondiale.
Un consolidamento sarà necessario (cronica è la nostra “carenza” di grandi gruppi rispetto ai francesi ed ai tedeschi, in qualunque settore) e non tutti ne usciranno vincitori, ma qual è l’alternativa? Da persona con una formazione prettamente scientifica, sono molto pragmatico.
Se Stellantis non fosse nata, forse nel breve termine sarebbe stato meglio per l’imprenditoria torinese.
Avrebbero potuto vivere di una FCA al lumicino con aiuti statali in salsa anni ‘90. Nel giro di 10-15 anni, però, sarebbe stato un totale disastro e avremmo assistito al collasso completo del sistema.
Con Stellantis, nasce quantomeno l’opportunità di un futuro. Quanto brillante per il Piemonte, spetta davvero agli imprenditori della regione deciderlo.
Finora, dalle tue parole, emergono quasi solo aspetti positivi dalla nascita di Stellantis. Non ti sembra di esagerare? C’è qualcosa di negativo che individui nel tuo libro?
Assolutamente sì. La nascita di Stellantis offre opportunità che arrivano con una buona dose di rischio.
A doverle cogliere e sviluppare saranno gli imprenditori dell’indotto torinese ma soprattutto la dirigenza del nuovo gruppo. In questo senso, il rischio che Stellantis diventi vittima di una malagestione e si trasformi in un “carrozzone” franco-italiano c’è.
Molti analisti del settore sono scettici sulle sinergie dei due gruppi, soprattutto in terra europea, dove sembrano esserci troppi dipendenti, troppi stabilimenti, troppi marchi.
Se uno scenario di carrozzone dovesse avverarsi non sarebbero buone notizie per l’imprenditoria piemontese.
Con una dirigenza prettamente francese, infatti, la priorità ai fornitori verrebbe probabilmente data (in gran parte) ad aziende d’oltralpe. In questo contesto politico non servirebbe a nulla avere tecnologie all’avanguardia e risultare competitivi, se si ha la sede dalla parte “sbagliata” della Alpi.
Dobbiamo quindi augurarci che il gruppo, che ora ha le dimensioni di un’industria tedesca, ne adotti anche la capacità gestionali e le virtù, volendosi rendere competitivo senza troppi aiuti da parte della politica.
Oltre a ciò, come ho già detto, ritengo che un aspetto negativo di Stellantis sarà quello del declino (e forse abbandono) di alcuni marchi storici italiani, con buona pace degli appassionati.
Questo però non deve far pensare che l’automobilismo italiano nel suo complesso non possa ancora avere successo. L’eccellenza dell’indotto piemontese vale tanto per Alfa Romeo quanto per Jeep, Peugeot o Opel.
E alcune punte di diamante non legate a Stellantis, come Ferrari, sono qui per rimanere.
Grazie Roberto. Dove possiamo trovare il tuo libro e come possiamo seguire i tuoi progetti futuri?
Grazie a te Dario e a tutta la redazione di Eat Piemonte. Il libro si può scaricare gratuitamente il 20 e il 21 gennaio, in esclusiva per i lettori di Eat Piemonte a questo link: https://www.amazon.it/dp/B08SR8QSGL.
E’ solamente necessario un account Amazon Kindle e può essere letto da qualunque device (Smartphone, Tablet, PC o Reader con l’App di Kindle). C’è anche una copia cartacea, a pagamento, per chi volesse averlo fisicamente a casa.
Per rimanere aggiornati con me, potete seguirmi alla pagina facebook.com/robertobourbonwriter.
Hai accennato ad aiuti statali e alla malagestione Fiat degli anni ‘90. Nel tuo libro menzioni anche una “Maledizione Marchionne”. Puoi dirci di piu’ a riguardo?
Certamente. La “Maledizione Marchionne” è sempre un nome volutamente provocatorio.
Come spiego nel libro, la “maledizione” consiste nel fatto che Fiat (e FCA) da 20 anni è stata impegnata in una corsa contro il tempo per non fallire, riuscendo a salvarsi trovando partner industriali importanti all’ultimo momento.
Non è una maledizione che Marchionne ha creato, ma un qualcosa che lui ha ereditato dalla malagestione degli anni ‘90 (e ‘80) e a cui non ha saputo porre rimedio. Sono gli anni in cui la Fiat guardava, per volere politico, solo al breve termine.
Gli anni in cui è andata persa la corsa tecnologica contro i tedeschi e di riflesso si sono quasi persi molti marchi storici (Alfa e Lancia su tutto). Anni in cui, in sostanza, è stata sacrificata la visione a lungo termine per il gruppo sull’altare del favore politico.
E’ un miracolo che Fiat ne sia uscita da quegli anni e che oggi non sia un ricordo lontano, a dirla tutta.
Dalle tue parole si potrebbe credere che tu sia abbastanza critico rispetto l’imprenditoria piemontese. Come mai? Pensi che le tue considerazioni valgano anche oltre il settore automobilistico?
Io amo l’imprenditoria piemontese e sono critico solo perché mi duole non vederla sviluppata al suo massimo potenziale.
Troppo spesso, e parlo per esperienza diretta, gli imprenditori del nostro territorio si focalizzano quasi ossessivamente sul breve termine, sulla sopravvivenza, rimpiangendo “i bei tempi andati”.
Penso che questo lo si debba in parte ad un aspetto caratteriale molto diffuso in Piemonte (e che io stesso rivedo in me stesso): quello dell’avversione al rischio. In ambito imprenditoriale, però, non si può chiudersi a riccio davanti alle avversità e avere come unica strategia quella del “sopravvivere” ancora un altro anno. Bisogna saper trasformare le sfide in opportunità, anche con entusiasmo.
Un altro motivo della mancanza di entusiasmo nel tessuto imprenditoriale piemontese è dovuto al (mancato, o debole) cambio generazionale.
Molte realtà imprenditoriali sono ancora in mano a persone di una (o due!) generazioni passate. E’ chiaro che se hai 50, 60 o 70 anni ti sarà difficile emozionarti davanti ad una sfida imprenditoriale. Ti verrà naturale pensare a “quando le cose andavano meglio” (vero!) e focalizzarti sul sopravvivere qualche altro anno, prima di andare in pensione.
Bisognerebbe accelerare questo cambio generazionale. Anche per questo ho dedicato il mio libro agli imprenditori italiani del futuro.