Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio) ha condiviso i dati del Rapporto annuale sullo stato dell’arte della ristorazione italiana.
Il numero di attività censite nel 2019 è in crescita rispetto all’anno precedente.
Le imprese di ristorazione italiana sono 336.000 e poi 148.000 bar.
Messi assieme, bar e ristoranti nel 2018 hanno comportato una spesa annua di 84,3 miliardi€, l’1,7% in più in termini reali rispetto all’anno precedente.
E nel 2019, stima Fipe, il valore è salito a 86 miliardi€.
Elevato il tasso di mortalità imprenditoriale: dopo un anno di attività chiude il 25% dei ristoranti; dopo 3 anni abbassa le serrande quasi un locale su due, mentre dopo 5 anni le chiusure interessano il 57% di bar e ristoranti.
Positivo, invece, il dato sull’iniziativa femminile – quasi un’attività di ristorazione su tre è gestita da donne, per una cifra che supera le 112.000 insegne – e sugli investimenti degli stranieri, che coprono l’11,6% delle attività totali (45.000 imprese); oltre 56.000, invece, sono le imprese gestite da under35.
Gli italiani amano mangiare fuori e investono sempre di più per soddisfare questa voglia: in 10 anni la spesa per mangiare fuori casa è aumentata di 4,9 miliardi€.
Territorialità, sostenibilità e convenienza sono gli asset privilegiati.
Al ristorante gli italiani cercano soprattutto i prodotti del territorio: 7 consumatori su 10 prestano attenzione alla provenienza delle materie prime e il 54% di loro vuole conoscere le origini dei piatti.
Oltre il 58%, invece, si informano sui valori nutrizionali dei piatti.
Il 62,5% degli intervistati cena fuori almeno una volta al mese: spesso si punta sulla pizza ma in un caso su tre la spesa media è di poco inferiore ai 30€ a persona.
Sette consumatori su dieci prestano attenzione alle politiche green dei ristoranti: il 37,7% verifica se è disponibile la doggy bag contro gli sprechi di cibo e il 36,7% chiede prodotti provenienti da allevamenti sostenibili.
Il comparto della ristorazione, oggi, traina la filiera agroalimentare, acquistando prodotti alimentari per un totale di 20 miliardi€, e creando un valore aggiunto superiore ai 46 miliardi€.
Il 34% del valore complessivo dell’intera filiera.
E assicura, al contempo, uno sbocco occupazionale importante: nella ristorazione lavorano 1,2 milioni di addetti di cui il 52% donne e in maggioranza giovani.
In 10 anni la crescita è stata del 20% (anche se il dato rispetto al 2018 è stabile).
Le principali criticità, invece, riguardano da vicino la situazione di concorrenza sleale che vige nei più noti centri storici italiani.
“I costi di locazione sono diventati insostenibili, il servizio richiede personale e il personale costa, gli oneri di gestione, a cominciare dalla Tari, sono sempre più pesanti” spiega Lino Stoppani analizzando la contingenza.
Così nel corso degli ultimi 10 anni, si è impennato il numero di paninoteche, kebab e take-away (+54,7%), mentre sono diminuiti i bar (-0,5%).
Un numero cospicuo di italiani, circa 5 milioni di persone, sceglie quotidianamente il bar per godersi il momento della colazione.