Investire in bambù è da alcuni anni una interessante opzione per i risparmiatori italiani. Ma lo è ancora dopo lo scoppio del Covid_19? La Pandemia rappresenta un’opportunità per la diffusione di questa coltura?
Da sempre chi osserva attentamente materie prime alternative ha identificato il bambù come uno dei materiali più flessibili presenti in natura.
Tecnicamente il bambù (in inglese bamboo) è il termine utilizzato per identificare un gruppo di piante della famiglia delle graminacee che conta circa 1.400 specie e 100 generi. La sua crescita è di veloce, analoga ad altre graminacee come il riso, il mais il grano; esistono diversi tipi di bambù, dai tropicali a quelli che ben si adattano anche a climi temperati e freddi.
Essendo una pianta con rapida crescita, il bambù assorbe molto carbonio; fino a quattro volte di più rispetto alle piantagioni forestali convenzionali. Il carbonio è uno dei gas serra che contribuisce al cambiamento climatico, quindi più carbonio si assorbe dall’atmosfera meglio è per l’ambiente.
La pianta ha una rete di radici complessa, densa e dura e che fornisce un’eccezionale stabilità del suolo. Questo lo rende ideale per progetti di riforestazione in cui il suolo è stato indebolito dopo essere stato utilizzato per l’agricoltura. Significa anche che il bambù può essere coltivato su terreni di scarsa qualità, quindi non sostituisce le colture alimentari essenziali.
Come una pianta robusta, non ha bisogno di molta irrigazione, fertilizzanti o pesticidi. Infine, il bambù non è un albero ma un’erba.
In Italia, le diverse realtà che hanno puntato su questa coltivazione hanno identificato nel bambù gigante la miglior specie per resistere alle temperature locali.
Alma Bamboo, azienda piemontese con investimenti in tutta Italia, coltiva la Phillostachys Pubescens. La specie è la più idonea a crescere e maturare nei nostri climi e la qualità del suo legno è migliore per durezza e resistenza rispetto a molte altre qualità di legno pregiate.
La media di vita di una pianta di bambù raggiunge inoltre i 120 anni. Non solo investire in bambù garantisce un impiego fisso per il prossimo secolo ma garantisce un investimento anche a lungo e lunghissimo termine per gli investitori.
La società piemontese dichiara che una piantagione di 1 ettaro di Bambù Gigante a produttività non-intensiva ha una rendita media annua (stimata) di 22.000€, per salire a 45.000€ in caso di una piantagione a produttività basso-intensiva e fino a 80.000€ per una medio-intensiva.
I guadagni per agricoltori ed investitori deriverebbero dalla commercializzazione dei culmi (i tronchi legnosi) e dei germogli.
I culmi hanno varie applicazioni in vari settori industriali: dalla ristorazione al tessile, dall’arredamento alla moda, dall’edilizia alla cosmesi. I germogli trovano ampio utilizzo in campo alimentare. Sarebbero in totale 1.500 le possibili applicazioni derivate.
In una delle patrie del cibo e del design come l’Italia, è palese che investire in bambù avrebbe anche delle importanti applicazioni nella commercializzazione di prodotti per la cucina gourmet e nel lancio di prodotti per l’industria del fashion.
In questa direzione, da alcuni mesi a Torino è stato lanciato il brand Cannadibambù sia con un temporary store in via Garibaldi (oggi chiuso causa zona rossa) ed un e-commerce.
E Bambubio, altra realtà piemontese facente capo ad Alma Bamboo, è sul mercato da tempo con prodotti alimentari, integratori e cosmesi.
Ma investire in bambù è anche etico? Si entra nell’ottica di un investimento capitalistico consapevole e nella ri-generazione ambientale?
Il ripristino del capitale naturale è noto come Economia del Restauro e sta crescendo rapidamente, secondo una ricerca del World Resources Institute e The Nature Conservancy, che suggerisce agli investitori di cercare la prossima opportunità di crescita proprio negli alberi e nell’economia verde.
Negli ultimi 50 anni, oltre il 25% dei terreni distribuiti su tutto il globo sono stati impoveriti e degradati, una perdita che ci costa 6,3 trilioni di dollari all’anno.
Uno studio del 2015 stima che negli Stati Uniti l’economia del ripristino ambientale abbia generato 9,5 miliardi di dollari produzione economica annua.
La versatilità del bambù offre un ventaglio molto ampio di opportunità di investimento. Nuovi modelli di business stanno emergendo, la ricerca tecnologia ha subito un’impennata e i governi stanno mostrando la volontà politica di investire in questo settore, anche in ottica di ripresa dopo la pandemia.