T18 afferma di voler difendere il patrimonio ortofrutticolo italiano. Partiamo dai numeri. Attualmente quanto “Made in Italy” c’è all’interno della GDO italiana? E nel normal trade?
Al di là di numeri e statistiche, sottolineo subito che, negli ultimi 15 – 20 anni, il prodotto ortofrutticolo che troviamo in GDO e nel normal trade è sempre più ‘globale’, proveniente cioè dai Paesi che si affacciano sul bacino Mediterraneo, e ancora dall’America e dal Sudafrica: questo fenomeno si è verificato grazie al miglioramento continuo della logistica. Di conseguenza, è aumentata la competitività sul prezzo del prodotto, e, proprio a causa di questo fenomeno, alcuni prodotti ortofrutticoli italiani sono attualmente a rischio di scomparsa. A ciò si aggiunga il fatto che noi italiani, per natura, siamo abituati a non difendere troppo il nostro patrimonio (in qualsiasi campo). I francesi, ad esempio, fanno le ‘barricate’ contro le fragole spagnole: noi no, accettando anzi un’offerta straniera a prezzi competitivi contro un’alternativa locale più costosa ma anche più che proporzionalmente di qualità. L’Italia resta comunque uno dei Paesi più importanti a livello di produzione agricola, anche perché, grazie alla conformazione geografica del Paese, abbiamo la possibilità di avere un’ampia gamma di prodotti ortofrutticoli freschi durante quasi tutto l’anno.
Lavorare controllando la filiera è una scelta strategica. Ma il consumatore italiano è disposto a valorizzare tale scelta o (anche causa crisi) si farà attirare solo dalla leva prezzo?
Noi di T18 non consideriamo il consumatore uno sprovveduto: è vero però che il consumatore stesso può verificare direttamente soltanto l’ultimo stadio della filiera: quello cioè del prodotto che vede sui banchi, con il suo sapore, aspetto, consistenza. Ovvio allora che il nostro obiettivo principale nel controllo della filiera sia quello di fare in modo che il consumatore finale possa portare sulla propria tavole i nostri prodotti così come sono al momento della raccolta: velocità, rispetto della catena del freddo, riduzione al minimo delle soste e minore manipolazione possibile sono i fattori chiave da gestire. Ma non dimentichiamoci mai che ancor prima dobbiamo considerare il fattore chiave senza il quale tutto viene vanificato: il sapore!!!! Da ciò inizia la soddisfazione del cliente e la conseguente voglia di consumare nuovamente i nostri prodotti.
Crediamo nel rapporto qualità/prezzo, ovvero siamo convinti che il vero valore aggiunto da dare al consumatore sia il meglio al minor prezzo possibile.
E i consumatori rispondono a questi‘segnali’: d’altro canto un prodotto cattivo, anche se meno costoso non venendo consumato diventa infinitamente più caro…
Dopo il trend del biologico, molte realtà anche di e-commerce puntano su frutta e verdura “al naturale”. Voi avete in cantiere innovazioni distributive?
Noi non facciamo e-commerce sull’ortofrutta, fra l’altro la nostra viene tutta prodotta con il sistema ‘a lotta integrata’ (il che significa avere un prodotto con residuo chimico pari a zero).
Logicamente abbiamo una ‘materia prima’ fresca che dobbiamo smaltire in giornata, proprio per massimizzarne il valore, e non possiamo fare magazzino, perché la gestione dell’ortofrutta deve essere dinamica.
Anche nella distribuzione abbiamo fatto scelte ‘di filiera’ che si stanno rivelando un successo: per far sì che il nostro prodotto arrivi fresco al consumatore, T 18 sta puntando sempre di più sulla massima collaborazione e sul rapporto diretto con la distribuzione., molto simile al sistema inglese: chi è considerato professionalmente capace in determinare referenze di prodotto ne diviene il gestore tout court. Nel 2012 questa strategia ha registrato un exploit: in alcuni ipermercati l’aumento delle vendite nel reparto ortofrutta gestito in collaborazione è cresciuto del 35% e ha portato al 15% l’incidenza del reparto ortofrutta sul fatturato totale dell’ipermercato stesso.
Qual è il maggior pericolo che corre il settore ortofrutticolo in Italia? E come si potrebbe difendere il consumatore?
Il pericolo assoluto è l’abbassamento dei consumi di frutta e verdura, verificato anche per il 2012 dall’Istat.
La causa è non tanto la congiuntura economica (abbiamo visto che, scegliendo prodotti di stagione, è possibile abbattere i costi della spesa settimanale), bensì la nuova situazione sociale e gli stili di vita, sempre più frenetici e con consumi fuori casa, che ci fanno consumare sempre più fast food e snack ricchi di grassi e sempre meno frutta e verdura.
Ci si può difendere informandosi: come T18 noi cerchiamo di aggiornare, coinvolgere e rendere consapevole il consumatore attraverso varie iniziative e forme di comunicazione: dal depliant ‘I cinque colori della salute’ distribuito insieme alle confezioni dei nostri prodotti, alle ricette di blogger e chef pubblicate sul nostro sito www.t18.it, fino alla pagina Facebook T18 scelti dal Sole e all’account twitter T18_dal 1890, da cui ‘cinguettiamo’ news per l’alimentazione corretta: quella che ogni giorno include cinque porzioni di frutta e verdura, per introdurre ogni giorno il giusto apporto di vitamine, sali minerali, nutrienti mantenerci sani e in forma a tutte le età.
In fondo volersi bene vuol dire anche curare e rispettare il proprio corpo, e secondo me non c’è miglior investimento per il proprio futuro se non cominciando con una sana e corretta alimentazione.