Piazza Navona, Roma, la città eterna. Visita al Mater Terrae dell’Hotel Raphael.
In una delle vie dietro la piazza, l’hotel da sempre attira le mie attenzioni; la facciata interamente ricoperta di piante rampicanti, una elegante illuminazione e quella targa rossa che per chi ama la ristorazione resta un icona.
Da quest’anno il Raphael Hotel con il suo ristorante Mater Terrae è entrata nella guida Michelin con la stella verde, un riconoscimento che viene conferito per la particolare attenzione ai temi ambientali e alla difesa della Terra.
Il ristorante è all’ultimo piano dell’Hotel, affaccia sui tetti di Roma.
La vista dalle terrazze toglie il respiro, da qui si vede il Cupolone e il Colosseo; un occhio attento ne distingue i colli.
Il Mater Terrae dell’Hotel Raphael da ormai molti anni ha una cucina vegetariana, una scelta non dettata dalle mode ma semplicemente dagli ideali di Roberto Vannoni.
Scelta: è questa la parola per me più importante oggi nell’imprenditoria della ristorazione e dell’accoglienza.
Scegliere quali materie prima utilizzare, scegliere i tipi di contratti lavorativi da applicare, scegliere quali piatti mettere in carta.
Una scelta, quella vegetariana, non facile per un hotel 5 stelle lusso.
I piatti da qualche hanno sono studiati in collaborazione con Pietro Leemann, chef stellato del ristorante Joia di Milano, da sempre una guida per chiunque voglia imparare la cucina vegetale di gusto.
Pietro Leeman ha saputo far crescere una brigata che qui al Raphael ha un suo stile; non ha portato i suoi piatti, non ha messo la sua firma, ma cresce insieme a loro.
Abbiamo troppo spesso l’idea delle cucine importanti come luogo dove una persona impone sulla base del sapere; ma non è sempre così.
Oggi qui si gusta una cucina che a me piace definire “propria”: si gustano piatti e sapori che hanno al loro interno sentori differenti, frutto di storia e di studio.
E’ presente il territorio con le verdure tipiche del Lazio, ma l’origine di chi è in cucina porta spesso influenze che fanno trovare nel piatto acidità o sapidità non banali.
Qui si capisce cosa possa essere un esperienza gastronomica di altissima classe che sa unire accoglienza e gusto.
Si entra al Raphel e si è proiettati in una dimensione differente dal sapore antico.
Tutto il personale è a disposizione, ma mai servizievole. Trova quel sorriso e quell’attenzione in sala al ristorante che vorremmo trovare sempre quando andiamo a mangiare fuori.
Un accoglienza che è tipica di chi in un progetto crede e non vede solo un lavoro.
Abbiamo bisogno di imprenditori capaci di farci sentire a casa ma che osano cambiare il mondo partendo dalla tavola e dal luogo di lavoro.