Nel turbinio dello Chef mercato torinese registriamo anche la “promozione” di Enzo Barillà alla guida di Eragoffi.
Una scelta ponderata, che lancia definitivamente lo Chef classe 1989 sulla scena torinese. Non gli manca certamente l’esperienza, ma per la prima volta sarà il volto in prima linea di uno dei ristoranti “emergenti” della scena gourmand torinese.
Già da tre anni sulla barca della Plin Srl, la società che amministra Eragoffi ed altre insegne gustose torinesi ha nel curriculum esperienze come chef de partie a Londra, come junior sous-chef nello stellato Larossa di Alba nel 2017, e come sous-chef allo stellato Magorabin di Torino nel 2018.
La cucina di Eragoffi è sempre stata sostanza ma anche estetica, un luogo ideale per noi creativi.
Enzo Barillà l’ha definita neoclassica – “perché è neoclassico il recupero delle forme antiche volte all’esaltazione dell’armonia, ma si rinnova perché si colloca in uno spazio-tempo contemporaneo che influenza profondamente la nostra visione”.
Allo stesso modo, Barillà punta al recupero del passato, ossia di sapori consolidati che connotano la cucina piemontese, ma con una visione e un gesto inevitabilmente connaturati a questo preciso momento storico, in cui gli ingredienti e le tecniche sono figlie del tempo che viviamo
Non viene meno l’estetica, la ricerca armonica che già caratterizza il gusto piemontese, ma cede il passo a vari approfondimenti che vedono primeggiare la leggerezza e il focus ricorrente sul vegetale.
La cucina piemontese e torinese di oggi è certamente figlia di una classicità francese cui deve eleganza e rotondità.
Ma anche dell’immigrazione industriale che ha concentrato nello spazio urbano un coacervo di culture che hanno radicalmente cambiato la compagine cittadina a tavola, contaminandosi di ingredienti e ricette che provengono dal Sud e dal Centro Italia,
Si rammentano facilmente trattorie e ristoranti che dagli anni ’50 hanno segnato un nuovo gusto torinese, con venature meridionali e toscane.
Basta poi andare nei mercati ortofrutticoli, primo tra tutti Porta Palazzo per capire quale sia la traiettoria verso cui si sta spostando la tradizione torinese.
E’ dunque questo il campo da gioco dove prendono forma le idee di Enzo Barillà, molto legato al gusto classico ma sensibile al nuovo e alla mescolanza.
È oggetto di indagine anche la lavorazione del pesce d’acqua dolce, le cui carni vengono frollate e le interiora trattate come insaccati.
La frollatura del pesce è oggetto di indagine da parte di molta cucina italiana, grazie all’ispirazione data dall’australiano Josh Niland che ne ha riscoperto le molte virtù in termini gustativi.
Lo Chef e i suoi ragazzi, dopo varie prove, diversificano la frollatura: due giorni per lo storione a una temperatura tra lo 0° e i 2° C con il 40% di umidità, e un massimo di due settimane per la trota, con la prospettiva di indagare anche luccio e coregone.
Nel menù A-mare, inoltre, per la prima voltà Enzo Barillà introduce il pescato di mare.