Dove sono finiti i camerieri? Ormai non si contano più articoli che tentano di rispondere a questa domanda. O articoli di imprenditori che non trovano personale.
La gente non lavora più? Tutti sussidiati?
Linkiesta (a firma Lidia Baratta), giornale italiano online diretto da Christian Rocca, ha messo in fila numeri e dati per capire il fenomeno.
Nell’estate della doppia crisi, camerieri, cuochi, baristi e bagnini in Italia sembrano essere tra le materie prime più rare. Si sente parlare di Great Resignation e la Yolo Economy, nel segno del “mollo tutto e cambio vita”.
La giornalista insieme con Francesco Armillei, assistente di ricerca alla London School of Economics e socio del think-tank Tortuga, è andata a studiare i numeri delle comunicazioni obbligatorie dei lavoratori stagionali dal 2019, quindi prima della pandemia, alla fine del 2021 (ultimo periodo in cui abbiamo i dati).
Quello che viene fuori è che la percentuale di assunzioni degli stagionali da maggio in poi tra 2019 e 2021 resta più o meno la stessa. Anche i lavoratori che escono dal mercato del lavoro e non ricompaiono quindi più nelle comunicazioni obbligatorie, con la ripresa economica tornano in linea – anzi, leggermente più bassi – del periodo pre pandemia.
Quindi la gente continua a lavoare ma alla fine hanno scelto un altro lavoro. Alcuni sono anche andati all’estero, approfittando di restrizioni anti-Covid più leggere e salari più alti.
Ma tra pre e post pandemia è aumentata anche dell’1,5% la fetta di quelli che erano stagionali e che ricompaiono nelle comunicazioni come non stagionali. In pratica, hanno cambiato lavoro, magari scegliendone uno più sicuro o pagato meglio.
Ma che lavoro sono andati a fare? Viene fuori che sono andati a fare nella maggior parte dei casi i commessi nei negozi e i cassieri nei supermercati. E soprattutto, con i concorsi pubblici banditi per il personale Ata della scuola, si vede un aumento dei ricollocati come bidelli e altro personale negli istituti scolastici.
Alcuni si sono spostati pure nel settore agricolo. Dove, per via delle frontiere chiuse a singhiozzo causa pandemia, si lamentava anche la carenza di manodopera per il mancato arrivo dei braccianti stranieri.
Quando si parla di stagionali, si parla soprattutto di giovani. Il 48,75% ha tra i 15 e i 29 anni, oltre il 72% ha meno di 40 anni.
E la cosa che salta all’occhio è che, nonostante i titoloni contro i giovani divanisti, proprietari di bar e ristoranti non hanno certo offerto salari più alti per accaparrarsi i lavoratori.
La media degli stipendi resta di circa 1.000€ euro lordi al mese. Si vede solo una leggera crescita di 50€ lordi al mese circa tra il 2019 e il 2021.
Ma sembra più che altro una crescita generalizzata, sia tra chi questi lavori li fa come stagionale sia tra chi stagionale non è.
“In generale, non mi sembra che la categoria degli stagionali abbia beneficiato di particolari aumenti salariali” spiega Armillei.
Al contrario, si vede invece una crescita da un anno all’altro di camerieri e colleghi assunti senza un contratto collettivo nazionale.
Sommando le comunicazioni obbligatorie classificate senza contratto nazionale e quelle con “contratto non presente in elenco”, l’estensione di questa area grigia sale dal 18% al 24% tra il 2019 e il 2021.