Airbnb ha firmato con il Comune di Torino l’accordo per la tassa di soggiorno. La piattaforma statunitense e i loro host pagheranno 2,30€ a persona per notte fino ad un massimo di 7€.
Il portale dichiara 3.800 annunci su Torino e 2.800 affittacamere (host) iscritti. Quanto cubano? Alessandro Tommasi, di Airbnb Italia, dichiara che l’host medio affitta per 39 notti in media, con incasso pari a circa 2.000€ anno.
Incasso che aiuta a pagare tasse e spese, in linea con la mission fondativa.
Tommasi, forse troppo ottimisticamente, dichiara di voler intermediare circa 200.000 turisti all’anno, persone abituate a programmare le proprie vacanze e refrattarie ai servizi alberghieri tradizionali.
Ovviamente la piattaforma è affamata di eventi cittadini, da Artissima al Salone del Gusto. Il cliente medio si ferma infatti per 3,1 notti contro la media alberghiera di 2,5 notti.
Quindi più eventi, più turisti in target Airbnb, più soldi incassati dalla piattaforma ma anche dal Comune di Torino.
Il Comune di Torino chiede alla piattaforma accesso ai dati per capire come orientare verso il target alcune scelte turtistiche. La realtà californiana rivendica invece il suo ruolo nel mondo del turismo, un accelleratore di risparmio da distribuire su altri servizi (come ristorazione o musei).
Ma quali dati raccolti sul territorio saranno poi comunicati alla collettività e all’Amministazione?
Ma sotto il cielo di Airbnb non tutto è roseo. Raffaello Zanini (qui articolo completo) ha studiato da tempo gli effetti del STR (Short Term Rentals) sulla struttura del mercato immobiliare cittadino.
La foto sotto dimostra che la concentrazione degli Host avviene soprattutto nel centro storico, creando frizione fra turisti e residenti. Ed aumentando i costi e la desertificazione residenziale proprio dei Centri storici cittadini.
Scrive Zanini – La proporzione di case destinate a STR nei centri storici italiani ha raggiunto livelli mai visti al mondo: 18% a Firenze, 25% a Matera, 8% nel centro storico di Roma.