Tralasciando la mancanza di professionalità e sensibilità (un Ministro non dovrebbe mai parlare ad personam ma inquadrando sempre un settore) si è fatta portavoce di un trend internazionale che demonizza l’olio di palma e quindi i prodotti che lo contengono. Due piccioni con una fava, farsi bella agli occhi degli ambientalisti e attaccare un prodotto di punta italiano.
Ma il punto è – l’olio di palma è veramente il tallone di achille della Nutella o siamo di fronte all’ennesima campagna internazionale sul cibo? -.
L’olio di palma è un grasso vegetale estratto dal drupe. Costa meno del burro ed è preferito alla margarina. Costa poco e sul mercato se ne trova in abbondanza. Tanti prodotti lo contengono.
Ma, come sempre avviene, è al centro di una forte diatriba internazionale che rischia di metterlo fuori gioco e di essere una leva di “demarketing” per le aziende che lo utilizzano.
Ovviamente non mancano le demonizzazioni e i luoghi comuni.
- Il burro fa bene e l’olio di palma fa male? FALSO. Bisogna limitare l’apporto di grassi saturi (sia animali che vegetali) al 10% del proprio apporto calorico giornaliero. Tutti i grassi saturi, sia dal burro che dall’olio di palma.
- L’olio di palma aumenta il colesterolo? VERO ma solo in parte, e non è ancora stato completamente dimostrato un aumento del colesterolo LDL legato al consumo di olio di palma.L’olio di palma provoca il cancro? FALSO.
Un punto di partenza per informarsi è l’articolo di
Wired che punta a chiarire molti aspetti dell’utilizzo di olio di palma nella nostra
industria alimentare.
Ferrero (ma anche
Nutkao S.r.l., altra azienda piemontese produttrice di tante
“private label”) è membro ordinario del
Roundtable for Sustainable Palm Oil (RSPO), organizzazione governativa malese che punta a rendere sostenibile per l’ambiente la coltivazione della palma.
Sul suo sito, l’azienda albese esplica la sua posizione sulla questione
olio di palma (
QUI link).