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Storie di cioccolato: parlano Clara e Gigi Padovani

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Li hanno definiti “la coppia fondente”. Ora Clara e Gigi Padovani propongono in libreria un nuovo volume sul cibo degli dei, Storie di cioccolato a Torino e in Piemonte [Edizioni del Capricorno, 180 pagine, 14 euro] che è distribuito in edicola con La Stampa e Repubblica dal 28 ottobre e nelle librerie e nelle piattaforme dal 3 novembre.

Tra le tante curiosità di un libro ricco di informazioni, una guida “golosa” con le schede di 64 tra artigiani e industriali dolciari piemontesi, gli autori ricostruiscono le vicende che hanno portato Torino a diventare capitale italiana del cioccolato.

Ma soprattutto presentano una sorpresa: la nascita del museo del cioccolato “Choco Story Torino” nei locali sotterranei dell’antica pasticceria Pfatisch in via Sacchi 42.

Ancora un libro sul cioccolato: come vi è nata questa idea?

E’ stato un nuovo lungo lavoro di ricerca per approfondire quanto avevamo scritto in precedenti nostre opere, con un focus particolare su Torino e il Piemonte: abbiamo scoperto tante curiosità e nuove storie, come il “giallo” di fine Ottocento che ha coinvolto due cioccolatieri allora famosi, Moriondo & Gariglio, o la situazione delle industrie dolciarie dopo la seconda guerra mondiale, con la testimoniazia di Gerardo Gobbi, manager di Venchi-Unica, al governo di allora: vi si spiega la nascita del surrogato, cioè l’antenato di Nutella.

La storia si ripete, come ai tempi del blocco continentale causato da Napoleone che portò all’invenzione del gianduiotto.

E’ una guida che potrebbe essere utile ai turisti?

Certamente: abbiamo raccolto le notizie su 64 aziende storiche, con la descrizione delle loro specialità per quelle ancora in attività: per fortuna sono una cinquantina.

Quindi in fondo al libro c’è una guida ai caffè storici dove si può gustare una buona cioccolata calda, oltre agli indirizzi di cioccolaterie, pasticcerie, gelaterie dove le specialità al cacao sono le regine. Quando sarà aperto il museo del cioccolato, sarà presente nel bookshop e sarà a disposizione dei visitatori golosi in giro per la città.

Abbiamo parlato tante volte di questo museo: nasce davvero?

Noi ci siamo battuti per anni e anni affinché nascesse questa esposizione a Torino e anche voi di Eat Piemonte avete affrontato il tema.

C’era un progetto, al quale abbiamo partecipato come consulenti, nel 2005, voluto dall’allora assessora al Commercio Elda Tessore, della giunta Chiamparino. Prevedeva l’utilizzo del Pala Fuksas di Porta Palazzo e ipotizzava da 465 mila fino a 670 mila visitatori: avrebbe dovuto occupare un piano intero dell’edificio, quello dove ora c’è il Mercato Centrale.

Fu davvero un’occasione persa, forse allora c’erano i soldi pubblici per farlo nascere.

Ma il museo che nasce in via Sacchi è privato?

Esatto. E’ un’iniziativa privata che si collega alla catena di ‘Choco Story’ già funzionanti in molte città del mondo: a Bruges e Bruxelles in Belgio; a Parigi, Colmar e Lourdes in Francia; a Praga e Prühonice in Repubblica Ceca; a Beirut in Libano; a Uxmal, Valladolid e Playa del Carmen in Messico.

Tutto nasce dalla passione dell’imprenditore dolciario belga Eddy Van Belle, che con altri soci è titolare di un gruppo da 3 miliardi di fatturato, che produce materie prime per professionisti con i marchi Puratos e Belcolade.

Tre anni fa venne a sapere che i macchinari storici Lehman e Buehler presenti, degli inizi del Novecento, nei sotterranei della pasticceria Pfatisch e ormai inutilizzati, erano in vendita in seguito al fallimento della storica bottega.

Li acquistò, mentre Francesco Ciocatto e famiglia avevano riaprì la famoca cioccolateria. In prima istanza Van Belle aveva intenzione di portare tutto a Firenze per aprire là il suo museo italiano.

Ma grazie all’intraprendenza di Ciocatto e allo stimolo da parte nostra, che lo convincemmo che Torino meritava di essere sede di ‘Choco Story”, è nata la società tra i due imprenditori e ora i lavori sono in corso, con una nostra consulenza storica sulla parte piemontese.

I battenti del museo si apriranno all’inizio del 2024. Si tratta di oltre mille metri quadri, che in modo divulgativo raccontano la produzione del cioccolato, la storia dell’arrivo del cacao in Europa, con due stanze dedicate al gianduia e alle imprese della nostra regione.

Sarà un’occasione per Torino?

Noi crediamo di sì, ormai i turisti che arrivano in città conoscono le due identità culinarie: vermout, grissini e gianduiotti sono famosi quanto il Museo Egizio o quello del Cinema nella Mole.

Bisogna però fare squadra, secondo noi. Pensiamo che la nascita del museo sia l’occasione per rilanciare la collaborazione tra tutti gli artigiani, i Maestri del Gusto, la Camera di Commercio, le istituzioni, affinché si crei un circuito virtuoso.

CioccolaTò è una manifestazione popolare, ma oltre le bancarelle occorrono eventi di qualità che coinvolgano i maestri cioccolatieri torinesi, che spesso invece sono in trasferta a Milano o in altre città, che hanno capito le loro potenzialità. Ci auguriamo sia possibile con l’aiuto di tutti.



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Dario Ujetto

Da adolescente senza computer a quasi quarantenne googleiano DOC. Ovvero: come passare dalla lettura del giornale cartaceo, alla scrittura di un blog in meno di un nano secondo. Ma mi occupo anche di marketing, cibo, libri e comunicazione.

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