La Rocca di Arignano è un luogo di cui tutti stanno parlando. Un luogo unico sia dal punto di visto turistico e architettonico. Un pezzo di Medioevo giunto fino a noi intatto.
Protagonista di un rilancio attento e preciso, oggi punto di riferimento per il turismo di prossimità.
Della Rocca di Arignano ne parlano tutti, ultimo in ordine Massimiliano Tonelli su Artribune (pezzo da cui abbiamo tratto foto di copertina)
La storia del rilancio inizia nel 2016, quando Elsa Panini e Luca Veronelli stavano già ipotizzando di cambiar vita. Il primo sopralluogo alla Rocca di Arignano – borgo ad una ventina di chilometri da Torino – ha colpito nel segno: il maniero medievale era congelato da settecento anni.
Una volta acquistato investono cinque milioni di euro per recuperare una architettura identitaria per la Collina Torinese e il Monferrato ma abitata e utilizzata l’ultima volta nel Trecento.
Il dongione angolare dell’anno Millle, la manica realizzata nel Duecento oggi pienamente recuperata, il corpo principale (quello “nuovo”) costruito nel Trecento. Tutto è ancora visibile.
Solitamente in quegli anni (a partire dal Quattrocento) questo genere di edifici venivano trasformati in alloggi di campagna per le delizie dei nobili, da fortilizi militari a castelli residenziali.
Ma i Costa – a lungo signori di Arignano e proprietari dell’edificio – decisero di costruirsi un nuovo castello (a tutt’oggi presente nei pressi della rocca) perché i gusti architettonici erano cambiati.
Negli archivi della famiglia non è raro trovare menzionata la Rocca di Arignano come “castello vecchio”.
Insomma, la rocca non venne più abitata, i proprietari la tenevano come orpello sullo sfondo utile solo a dimostrare potenza ma senza manutenzione e utilizzo.
Il recupero della Rocca di Arignano
Lo studio dell’architetto Massimo Raschiatore ha realizzato il progetto e le soluzioni individuate valorizzano questo edificio.
Dalla scelta delle essenze del legno fino alla cura dei muri perimetrali, volutamente lasciati aggredire dalla vegetazione infestante con l’obbiettivo di restituire quel peculiare sapore di rudere.
I nuovi proprietari della Rocca hanno infatti approntato un sistema di visite guidate che contribuiscono a restituire alla cittadinanza un bene che per secoli erano stato inavvicinabile.
E dopo aver messo a punto l’interno si è pensato anche all’esterno.
Il terrapieno adiacente alle mura è stato trasformato dalla paesaggista Cristiana Ruspa in uno scenografico orto di erbe officinali che aiuta uno dei business su cui si basa la sostenibilità di questa impresa: i matrimoni e le cerimonie.
“Abbiamo investito tantissimo, ma ci tengo a dire” dice Luca Veronelli ad Artribune “che noi siamo imprenditori e cerchiamo sempre una sostenibilità nei progetti, non facciamo mecenatismo puro”.
La filosofia della proprietà poi ha ambizioni che vanno oltre alla Rocca e abbracciano tutta la zona con l’obbiettivo di riqualificare percorsi, contribuire alla rigenerazione di Arignano, offrire agli ospiti esperienze particolari.
Magari sfruttando il vicino Lago di Arignano (l’unico bacino di questo tipo nelle Colline torinesi), coinvolgendo le aziende agricole e gli artigiani del territorio, proponendo escursioni a cavallo o con bici elettriche.
Intanto altre nove stanze sono in preparazione nella adiacente villa Settecentesca, ai piedi della quale l’orto dà la materia prima al ristorante interno della Rocca dove tra spunti gastronomici medievali e ricerca contemporanea su materie prime e fermentati lavora lo Chef Fabio Sgrò.
Rocca di Arignano, Via Gino Lisa, 16, Arignano (Torino).