Margherita Giampiccolo: le donne e le cucine professionali

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Il 23 novembre sono state assegnate le nuove stelle Michelin.

Che bello, che emozione! Il primo premio viene assegnato a Sonja Egger come miglior sommelier dell’anno.

Benissimo, brava. 

Poi non ho potuto non notare la sfilata tutta al maschile: uno dopo l’altro, hanno calcato la passerella 32 stelle maschili fino ad arrivare – finalmente – all’ultima premiazione della chef Solaika Marrocco, accolta da un’ovazione quasi liberatoria (forse non sono stata la sola a notare tutto ciò).

E mi sono domandata perché.

In Italia ci sono attualmente 329 ristoranti stellati, quelli guidati da una donna in cucina sono meno di 20.

Perché le donne che arrivano ai vertici delle ristorazione sono pochissime? Perché questo mestiere è ancora considerato nel 2021 prerogativa maschile?

Non ci vogliono come mi è stato detto, braccia possenti maschili e forza bruta.

Seguendo questo ragionamento potrei comunque dire – da madre e da cuoca – che prendere in braccio un bambino mille volte al giorno sia più faticoso di sollevare un pentolone. 

La risposta che mi sono data è che il problema sta alla base della nostra società.

Alle donne è ancora cucito addosso il ruolo primario in famiglia, nella gestione dei figli, della pulizia domestica. 

Mi sono spesso sentita chiedere come facessi ad organizzarmi con il ristorante e le mie figlie, domanda che non voleva essere di interesse vero ma che celava il pensiero giudicante “una madre dovrebbe stare con i figli a casa”

E poi c’è un secondo aspetto

Questo lavoro è meraviglioso, regala soddisfazioni e la possibilità di incontrare tante persone, ma ci sono “regole” non scritte (e tendenzialmente non pagate) che stanno distorcendo la realtà, facendo apparire normale ciò che normale non è. 

La ristorazione richiede di dedicare tante, troppe ore di lavoro.

La “chiave di svolta” (oltre ad un cambio di mentalità) sta proprio lì: non facciamo passare che 60-70-80 ore di lavoro alla settimana siano una cosa regolare e sana.

Non lo è e non è una cosa da osannare. Sia per le donne, sia per gli uomini. 

La moglie dello chef taiwanese pluristellato André Chiang racconta che ad un certo punto della loro carriera hanno deciso di non avere figli perché incompatibili con il lavoro.

E lui le ha regalato un cane. Ecco, un mondo la cui mentalità è che il lavoro abbia la priorità assoluta nella vita di una persona, è da cambiare.

Parliamone e cominciamo a farlo.

E quando le donne chef occuperanno metà della guida Michelin, allora sì che la citazione dantesca utilizzata da Marco Do, Head of Communication Michelin, all’inizio della premiazione avrà un senso pieno: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”