Il Bicerin: quando una bottega torinese inventò il dolce più sofisticato di Torino
Una storia torinese dal 1763.
C’è un momento nella storia di una città in cui la magia accade senza che nessuno se ne accorga davvero. A Torino, questo momento porta il nome di Giuseppe Dentis e una data precisa: 1763.
Quell’anno, un acquacedratario e confettiere (sì, il mestiere esatto era questo) decide di aprire una piccola bottega proprio di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata.
Non nel centro elegante della città, non in una piazza importante: di fronte a un santuario, dove la gente andava a pregare. Semplici tavole e panche di legno. Niente di che, apparentemente.
Eppure, da quella bottega spunta fuori una bevanda che—a distanza di più di 250 anni—rimane ancora oggi una delle cose più riconoscibili di Torino nel mondo. Non è la Mole. Non è il monumento. È il Bicerin.
Dalla Bavarèisa al Bicerin: l’evoluzione di una golosità
Per capire davvero il bicerin, però, bisogna fare un passo indietro di qualche decennio, al Settecento. A Torino c’era già una bevanda che girava nei caffè barocchi della città: la bavarèisa (il nome vi suona strano? Effettivamente, l’origine non è chiarissima—forse svizzera, forse francese, chissà).
La bavarèisa era la colazione dei torinesi che potevano permettersi un caffè rispettabile. Signore eleganti e uomini distinti la sorseggiavano in grandi bicchieri di vetro tondeggianti, discutendo delle nuove idee che si diffondevano dall’Europa.
Era una bevanda particolare: caffè, cioccolata calda, crema di latte e sciroppo. Ma ecco il dettaglio curioso: gli ingredienti venivano serviti separatamente, e ogni cliente li mescolava secondo il suo gusto.
Avete mai pensato a quanti modi ci sono di combinare tre ingredienti? A Torino sì. E avevano nomi bellissimi:
Pur e fiur (puro e fiore): caffè e crema di latte, come un cappuccino ante litteram;
Pur e barba (puro e barba): caffè e cioccolato;
‘N poc ‘d tut (un po’ di tutto): tutti e tre gli ingredienti insieme.
Geniale, no? Ma Giuseppe Dentis ebbe un’idea ancora più geniale. Invece di far giocare i clienti con i singoli ingredienti, perché non renderla già perfetta, già fatta? Perché non trovare le dosi esatte, l’equilibrio perfetto, e servirla così—stratificata, bella da guardare, pronta da assaporare?
Nacque il bicerin. Il nome viene dal piemontese—”bicerin” significa semplicemente “bicchierino”, il piccolo bicchiere di vetro in cui viene servito. Semplice, diretto, vero.
Il bicerin diventa un rito
Quello che non poteva sapere Dentis è che aveva appena inventato qualcosa di più profondo di una bevanda: aveva creato un rito.
Tre strati diversi, che non si mescolano finché non li tocchi con il cucchiaino. Cioccolata calda sul fondo (colore scuro), caffè nel mezzo (colore ambrato), crema di latte in cima (bianca e spumosa).
È bellissimo solo a guardarla. Poi, quando finalmente lo mescoli—perché il Bicerin “non va mescolato” dicono i puristi, ma voi fate come vi pare—gli ingredienti sfumano insieme in un colore d’oro, e il sapore diventa altro.
Il prezzo? Per quasi un secolo e mezzo, tre soldi. Quindici centesimi di lira. Fino al 1913, quando passò a venti. Per farvi un’idea: il Bicerin costava meno di un caffè normale. Era una golosità popolare, non aristocratica.
Eppure, come spesso accade a Torino, anche le cose “popolari” finivano per attirare i personaggi più importanti della città e dell’epoca.
Cavour, Hemingway e il bicerin
Camillo Benso, Conte di Cavour, statista, padre dell’Italia unita, era solito aspettare la famiglia reale in visita al Santuario della Consolata seduto proprio ai tavolini del Bicerin. Lo beveva mentre la storia si faceva fuori, probabilmente.
Saltate avanti di qualche decennio: Ernest Hemingway passa per Torino e il Bicerin gli piace tanto che lo inserisce nella sua lista delle 100 cose da salvare come patrimonio dell’umanità. (Sì, avete letto bene. Hemingway e il Bicerin. La letteratura è strana.)
Poi c’è Umberto Eco, lo scrittore, il semiologo, che lo immortala nel romanzo Il cimitero di Praga in modo così memorabile che il Caffè Al Bicerin—il locale originale, nota bene—stampa oggi il passaggio sui tovaglioli di carta. È una forma di marketing che sfiora la poesia.
Tutti questi personaggi, però, venivano da fuori. Per i torinesi, il Bicerin era già una cosa sacra. Era il loro. Era il momento della merenda del pomeriggio, era il ritorno a casa, era il freddo invernale che si trasforma in calore.
Il Caffè che custodisce un segreto
Se andate oggi a Piazza della Consolata, nel cuore del centro storico torinese (il “Quadrilatero Romano”), troverete ancora il Caffè Confetteria Al Bicerin dal 1763.
Lo riconoscerete subito: una devanture di fine Ottocento, verniciata in verde, con decorazioni in ghisa, finestre eleganti con iscrizioni pubblicitarie. Dentro, pareti in legno, specchi, vetrinette piene di confetti colorati, tavoli tondi di marmo bianco, panche rosse.
Nel 1856, il locale fu trasferito nell’attuale palazzo, costruito su progetto dell’architetto Carlo Promis. Da lì non si è mosso più.
E qui arriviamo al punto che rende il bicerin ancora più affascinante: la ricetta rimane segreta.
Non è una trovata pubblicitaria—è davvero segreta. Gli ingredienti, sì, li conosciamo: caffè espresso caldo, cioccolata, crema di latte (non panna montata, come vogliono fare alcuni bar moderni—la ricetta originale prevede crema di latte). Ma le proporzioni esatte, le dosi, il modo preciso di farla: questo rimane un mistero custodito gelosamente.
I dipendenti sono vincolati da contratto al silenzio. Persino loro non possono parlare della ricetta. È quasi medioevale, in un’epoca come la nostra dove tutto è sui social network.
C’è un dettaglio che pochi sanno: la cioccolata cuoce lentamente per ore in pentole di rame, seguendo un’antica tradizione. Questo spiega probabilmente perché nessun bar moderno riesce davvero a replicarla.
Una storia al femminile
C’è un altro aspetto affascinante nella storia del Bicerin che vale la pena raccontare.
Dal 1917 al 1971—ben 54 anni—il caffè fu gestito da una signora: Ida Cavalli, con l’aiuto della sorella e della figlia Olga. Dopo di lei, altre donne ne hanno preso le redini. Fu il primo locale a conduzione femminile della città, e per un lungo tempo rimase l’unico posto dove le donne potevano entrare a bere vermouth e altri liquori senza essere giudicate.
Nel 1983, Maria Teresa Costa prese la guida del locale e lo portò al livello di fama internazionale che ha oggi. Deceduta nel 2015, la sua dedizione è leggendaria tra chi frequentava il Bicerin.
Questi nomi—Ida, Olga, Maria Teresa—sono i veri custodi della ricetta, dei segreti, della memoria di un posto che non è mai stato “solo un caffè”. È stato casa per la città.
Nel 2001, il riconoscimento ufficiale
Nel 2001, la Regione Piemonte ha riconosciuto il Bicerin come Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Regione. Non è una medaglia, non è una targa: è un attestato che dice ufficialmente “questo è vostro, questo è patrimonio”. È il modo in cui una regione dice a una bevanda: sei importante, sei parte di noi.
E il bicerin oggi rimane esattamente quello che era nel 1763: semplice, sofisticato, inafferrabile, perfetto.
Dove bere il Bicerin a Torino: la guida ai migliori bar storici
Se avete letto l’articolo precedente sulla storia del Bicerin, saprete già che questa bevanda non è solo una miscela di caffè, cioccolato e crema di latte.
È un rito, un’istituzione, un pezzo di Torino che vi mettete in bocca.
Ma dove si beve davvero il miglior bicerin della città? Non in qualsiasi bar, certamente.
Il bicerin merita un luogo all’altezza. Merita uno dei caffè storici di Torino, quelli dove le pareti ricordano ancora chi c’era stato prima di voi.
Al Bicerin: il luogo dove tutto è iniziato
Partiamo dal principio, dal Caffè Confetteria Al Bicerin in Piazza della Consolata 5.
C’è poco da dire, in realtà. È il posto. Dopo più di 260 anni, il locale è ancora lì, di fronte al Santuario della Consolata, esattamente dove era.
All’interno, troverete specchi ottocenteschi, boiserie di legno, vetrinette con confetti piemontesi, tavoli di marmo bianco con sopra i marmi rosa. Tutto è leggermente polveroso, patinato dal tempo, esattamente come dovrebbe essere.
Il bicerin qui? Preparato con cioccolata da cacao da agricoltura sostenibile (Ghana, Costa d’Avorio, Camerun, Indonesia), cotta lentamente in grandi paioli di rame come una volta, caffè leggero e aromatico, crema di latte. Niente di più, niente di meno.
Piazza della Consolata 5, Torino
Aperto: 9:00–19:15 (chiuso mercoledì)
www.bicerin.it
I grandi classici: i caffè storici di Piazza San Carlo
Se il Bicerin è il tempio, Piazza San Carlo è il santuario laico della Torino elegante. Una piazza che Dickens ha definito “una delle più belle d’Europa” quando la ha visitata, e non torto.
Caffè Torino
Nel 1903 apre il Caffè Torino a Piazza San Carlo 204. Il locale è pieno di stucchi e marmi, e c’è una cosa che non potete fare quando entrate: non passare con il piede sul toro di bronzo incastonato nel pavimento. Dicono che sfregare i suoi testicoli porti fortuna. (Sì, il bronzo è notevolmente consumato proprio lì.)
Qui il bicerin viene chiamato “Bicerin d’Cavour“ e viene servito nel modo giusto: caffè, cioccolato, crema di latte semimontata e una spolveratina di cacao. Niente panna, niente compromessi.
Quando bevete qui, seduti ai tavolini di marmo con intorno specchi e ori, comprendete che il bicerin non è una bevanda frettolosa. È una cosa che vi meritate.
Piazza San Carlo 204
www.caffetorino1903.it
Pasticceria Stratta
A pochi passi, sempre in Piazza San Carlo, c’è la Pasticceria Stratta (dal 1836). Qui il bicerin viene servito con panna montata invece che crema di latte—una variante, diciamo, “non ortodossa”. Ma se non siete puristi e ammettete questa deviazione dalla ricetta tradizionale, il risultato è comunque buono.
Piazza San Carlo 191
Aperto: da martedì a domenica
Caffè San Carlo
Preso in gestione dai Costardi Bros, a pochi passi da Gallerie d’Italia c’è il Caffè San Carlo. Pasticceria di altissimo livello, ed ovviamente il loro bicerin.
Piazza San Carlo 156
Aperto:7/7
Gli altri caffè storici: quando il Bicerin incontra la letteratura
Fiorio — il ritrovo del Risorgimento
Aperto nel 1780, il Caffè Fiorio in Via Po è uno di quei posti dove la storia non è semplicemente appesa ai muri—vi cammina dentro.
Qui frequentavano il caffè Massimo d’Azeglio e Santorre di Santarosa, figure chiave del Risorgimento italiano. Era il ritrovo dei reazionari all’inizio, poi divenne la taverna di coloro che stavano costruendo una nazione. Oggi rimane un luogo tranquillo, consapevole della sua importanza.
Il bicerin qui è servito nel modo più classico: caffè, cioccolato, crema di latte. La maggior parte della clientela lo richiede così. Una piccolissima parte ancora chiede la versione con panna montata, ma sono eccezioni.
Via Po 8/C
www.facebook.com/caffefiorio
Platti — dove ha bevuto il caffè Cesare Pavese
Dal 1875, il Caffè Platti si trova sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele II, 72. È stato il ritrovo di Cesare Pavese, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, e di Giulio Einaudi, leggendario editore.
Il locale ha l’aria di chi ha visto passare i decenni senza fretta: sotto i portici, con tutta la patina della storia che solo i posti veri hanno.
Qui il bicerin viene preparato con rigor sabaudo—cioccolata fondente, caffè, crema di latte—e accompagnato sempre da una piccola alzatina di pasticceria secca piemontese mignon.
Corso Vittorio Emanuele II, 72
www.platti1875.com
Baratti&Milano — il più sontuoso
Se entrate nel Caffè Baratti&Milano in Piazza Castello 27, che si affaccia sulla scenografica Galleria Subalpina, avrete l’impressione di esservi tuffati in un dipinto ottocentesco. Tutto boiseries, specchi enormi, ori, stucchi.
Il bicerin qui è preparato con semplicità aristocratica: cioccolata calda con cuore di caffè 100% arabica e crema di latte. È il bicerin di chi sa di meritarsi le cose belle.
Piazza Castello 27
www.caffebarattiemilano.it
I piccoli gioielli: Guido Gobino e Gelateria Pepino
Guido Gobino — il maestro cioccolatiere
Se volete un bicerin diverso, più creativo, ma con alle spalle la credibilità di chi ha sempre saputo che cosa fare con il cioccolato, entrate da Guido Gobino in Via Lagrange 1.
Questo è uno dei posti più famosi di Torino per la cioccolata. Gobino propone il bicerin in due versioni: la classica (cioccolata calda, caffè, latte freddo montato a neve, accompagnato da cioccolatini) e la versione Gianduja (ganache al gianduja, caffè, panna montata, sempre con cioccolatini al fianco).
Se volete assaggiare come il bicerin può “evolvere” restando fedele al suo spirito, è qui.
Via Lagrange 1
www.guidogobino.it
Gelateria Pepino — il luogo del Pinguino
In Piazza Carignano 8 c’è la Gelateria Pepino, il locale dove 85 anni fa è stato inventato il Pinguino—quel gelato su stecco ricoperto di cioccolato che ha fatto il giro del mondo e che vedete in ogni gelateria italiana oggi.
Il bicerin qui viene servito in un bicchiere con manico, preparato con caffè, cioccolata calda e crema di latte, come da tradizione. È un dettaglio questo: il bicchiere con manico vi dice che il locale conosce come servire le cose.
Potete berlo al tavolo dentro oppure nel dehors, godendovi l’incanto di una delle più belle piazze di Torino.
Piazza Carignano 8
www.gelatipepino.it
Caffè Mulassano — il gioiello di 31 metri quadrati
Non potremmo non menzionare il Caffè Mulassano di Piazza Castello 15, a due passi da Palazzo Madama. È piccolissimo—31 metri quadrati complessivi—un gioiello di liberty intatto, uno di quei luoghi che film e fiction scelgono come location proprio perché “l’ambientazione d’epoca non ha bisogno di essere aggiustata”.
Qui il bicerin viene servito in piccoli bicchieri con manico di metallo, in due varianti: una con panna morbida, l’altra con crema montata di albume. Nessuna delle due segue la ricetta tradizionale di crema di latte, ma il gusto rimane assicurato.
Piazza Castello 15
Uno dei piccoli caffè storici più fotografati di Torino.
Per i più avventurosi: Mara dei Boschi
Se siete stanchi della ricetta classica e volete provare qualcosa di totalmente diverso, c’è Mara dei Boschi in Piazza Carlo Emanuele II 21 (Piazza Carlina)
Qui trovate due versioni del bicerin: quella classica (per i puristi), e una versione destrutturata e creativa servita in due tazzine rosse—una con caffè specialty, l’altra con cioccolata calda 72% Venezuela, entrambe accompagnate da crema di latte.
Non è tradizionale. Ma è interessante. E a volte, assaggiare come il bicerin può “evolversi” in mani diverse è part del viaggio.
Piazza Carlo Emanuele II 21
www.maradeiboschi.it
Il consiglio finale: come berlo
Se è la vostra prima volta a Torino, andate dove è nato, e merita questo onore.
Se siete torinesi che lo bevono regolarmente, avrete già il vostro locale preferito, il vostro caffè dove vi conoscono e sanno esattamente come vi piace.
Se siete curiosi e volete esplorare, andate a Piazza San Carlo: vedrete tre versioni completamente diverse del bicerin (Caffè Torino, Stratta, Caffè San Carlo), e capirete come una bevanda “semplice” possa avere tante interpretazioni.
E per favore: non lo mescolate subito. Guardate prima i tre strati.
Capite come sono stratificati—caffè, cioccolato, crema di latte—come la memoria stessa di Torino.
Poi, quando lo mescolate, sentirete gli ingredienti che si combinano in un colore d’oro, e capirete perché Ernest Hemingway l’ha inserito nella lista delle cose da salvare.
Mappa rapida dei migliori indirizzi:
Al Bicerin — Piazza della Consolata 5
Caffè Torino — Piazza San Carlo 204
Caffè San Carlo - Piazza San Carlo 156
Guido Gobino — Via Lagrange 1
Gelateria Pepino — Piazza Carignano 8
Dal Fiorio — Via Po 8/C
Platti — Corso Vittorio Emanuele II 72
Baratti & Milano — Piazza Castello 27
Mulassano — Piazza Castello 15
Mara dei Boschi — Piazza Carlo Emanuele II 21 (Piazza Carlina)
Buon bicerin!



