Siamo uomini o caporali? Lo sfruttamento in delivery

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Il caporalato, dopo aver occupato la raccolta nei campi italiani, ha “invaso” anche il mondo del delivery. Sfruttamento in delivery per migliaia di immigrati.

Se fino a qualche anno fa su dieci rider controllati ne scoprivamo uno che per lavorare usava l’account di un caporale, adesso il rapporto è di uno a cinque, anche se in certi casi anche di uno su due”.

A lanciare l’allarme al Corriere della Sera è il generale Antonio Bandiera, alla guida del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro.

Un fenomeno in crescita in tutta Italia, sul quale – conferma l’alto ufficiale dell’Arma – “stiamo indagando ovunque, perché rappresenta anche un grave pericolo per gli stessi lavoratori da un punto di vista di sicurezza stradale: spesso gli sfruttatori forniscono ai fattorini clandestini biciclette a pedalata assistita modificate per andare più veloce in modo da indurli a effettuare più consegne in un lasso di tempo inferiore e far guadagnare di più proprio i caporali. La conseguenza è che gli stessi lavoratori in nero utilizzano mezzi pericolosi per loro e per gli altri utenti della strada”.

Secondo una stima recente, in Italia il popolo dei rider è composto da circa 570.000 persone, quelli assidui sarebbero almeno 350.000.

Oltre che dalle organizzazioni sindacali, che hanno combattuto a lungo con le grandi multinazionali del settore per assicurare ai lavoratori contratti e regole a cui attenersi, una fotografia della situazione attuale arriva proprio dai controlli su strada dei Carabinieri scattati fin dal 2019 dopo un incidente stradale.

All’epoca la delega a compiere accertamenti fu firmata dai magistrati della Procura di Milano, la prima in Italia ad affrontare la questione della figura giuridica del rider, non considerato fino ad allora un lavoratore subordinato a tutti gli effetti, con diritto non solo al versamento dei contributi ma anche a vedere rispettate le norme della legge sulla sicurezza sul lavoro.

“Adesso, con i caporali più attivi che mai – sottolinea il generale Bandiera – i diritti vengono di nuovo negati sempre di più a chi è clandestino e più diffusamente a chi si trova in stato di bisogno”.

Due sono le modalità di sfruttamento: la prima prevede la cessione dell’account del caporale, aperto da lui stesso su una delle tante piattaforme di registrazione online dei lavoratori, dove bisogna inserire foto, documento d’identità (anche il permesso di soggiorno), informazioni personali e richiesta del kit dell’azienda (borsa, fratino, dotazioni di sicurezza oggi previste per legge).

Una volta ottenuto l’Id courier, viene subito ceduto al rider clandestino che viene equipaggiato anche con bici o monopattino (seconda modalità).

Nel primo caso il caporale trattiene il 20% dei guadagni, nel secondo anche il 50%.

In media ognuno di loro può avere una decina di sub-fattorini, ciascuno dei quali può effettuare anche 15 consegne al giorno per un guadagno di 60-70€ ciascuno. Si stima che un caporale arrivi a incassare così anche 400€ al giorno, ottenendo due vantaggi:

  • Scalare rapidamente il ranking dei fattorini dell’azienda per cui risulta impiegato, assicurandosi così il diritto a lavorare nelle fasce orarie migliori (di sera) e in un raggio più vicino a lui;
  • Poter guadagnare anche una volta tornato nel Paese d’origine, perché con questo sistema è come se fosse rimasto in Italia.