Ci scrive Annalisa Uccella del Pecorino Sardo DOP

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A seguito del nostro post sulla crisi della pastorizia sarda, ci scrive Annalisa Uccella del Consorzio Pecorino Sardo DOP.

Ricordiamo che il problema attuale delle proteste nasce a seguito della non coretta gestione della filiera del Pecorino Romano DOP, altro prodotto sardo.

Il RUOLO del PECORINO SARDO nel PRESENTE e nel FUTURO del COMPARTO CASEARIO della SARDEGNA

Riconosciuto come formaggio a Denominazione di Origine nel 1991 e come formaggio DOP nel 1996, il formaggio più antico ed emblematico della Sardegna non è mai riuscito ad emergere all’interno del comparto caseario della Sardegna.

Eppure sin dalla sua costituzione, il Consorzio di Tutela, trovatosi ad operare in un contesto di totale incertezza, ha dato a questo formaggio un’identità riconoscibile, gli ha dato visibilità, regole di produzione certe e soprattutto un sistema efficace di salvaguardia, controllo, riconoscimento e rintracciabilità.

Con gli strumenti e le esigue risorse a sua disposizione il Consorzio ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per valorizzare il marchio della DOP e farlo conoscere ad ogni livello: progetti nelle scuole, formazione degli addetti al banco formaggi delle catene di vendita, concorsi e collaborazioni con grandi chef, fiere ed eventi congiunti con i più importanti Formaggi DOP in Italia e in Europa.

Grazie agli enormi sforzi compiuti, oggi le produzioni certificate si attestano intorno ai 20.000 quintali annui, per un totale di circa 650.000 forme, i caseifici inseriti nel sistema di certificazione e controllo sono in tutto 23 tra imprese private e cooperative e operano in tutta l’isola.

Il principale mercato di riferimento è il Centro-Nord Italia, ma specie dall’ultimo anno sta crescendo il mercato Europeo (Francia, Germania e UK in primis) e quello USA.

Ma tutto questo è veramente troppo poco per fare la differenza e avere un qualche peso all’interno di un settore in cui si producono oltre 500.000 quintali di formaggi ovini ogni anno e in cui a fare veramente la differenza nel bene e nel male è il Pecorino Romano che assorbe il 60% del totale.

Perché il formaggio simbolo della Sardegna oggi rimane un simbolo o poco più; perché non riesce ad andare oltre la soglia dei 20.000 quintali?

La risposta è tanto semplice quanto ovvia: perché per far crescere la produzione occorre fare informazione, educare il consumatore e far crescere i consumi della DOP ancora ampiamente confusa con i pecorini generici prodotti in Sardegna.

Occorrono enormi investimenti sul fronte della comunicazione istituzionale.

Il Parmigiano Reggiano lo ha capito da tanto tempo! Quest’anno dei 20 milioni destinati alla promozione per il 2019, il Consorzio di Tutela ne investirà più di 3 nel solo Medio Oriente allo scopo di far conoscere il vero Parmigiano Reggiano, differenziandolo dal Parmesan, erroneamente associato alla DOP dai consumatori arabi.

Detto questo pare del tutto evidente che il Pecorino Sardo potrà svolgere il ruolo che merita all’interno del comparto ovicaprino della Sardegna solo nel momento in cui la Regione dimostrerà di voler realmente investire nella diversificazione a favore delle altre produzioni casearie DOP.

Questo è il vero antidoto alle crisi cicliche del Pecorino Romano, per creare le condizioni del cambiamento deve avere il coraggio di dare avvio immediatamente e senza alcun indugio ad un NUOVO CORSO, l’unico in grado di fare la differenza tra il passato e il futuro.