Acqua EVA e la post verità: il pizzo 2.0?

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Il marchio piemontese Acqua Eva (proprietà di Fonti Valle Po S.p.a.) è stata vittima di una “bufala” diffusa via Whatsapp e che avrebbe origine nel comune calabrese di Locri.

Sul sito di Acqua EVA è pubblicato un comunicato stampa che recita:

“La Società Fonti Alta Valle Po ha recentemente appreso che sulla rete internet e tramite l’applicazione telefonica Whatsapp è stata data diffusione alla notizia secondo cui l’Acqua Eva sarebbe prodotto pericoloso per la salute dei consumatori.

Trattasi di affermazioni destituite di qualunque fondamento, che originano da un fatto di cronaca locale avvenuto in Locri (RC) associato suggestivamente e senza alcuna ragione, dagli ignoti autori della “bufala”, al consumo di Acqua Eva.

Fonti Alta Valle Po ribadisce l’elevata qualità e sicurezza dei suoi prodotti e in particolare di Acqua Eva, che prima di essere immessa sul mercato è sottoposta a costanti e accurati controlli da parte di laboratori specializzati e dagli enti preposti alla vigilanza in materia di sicurezza alimentare.

In tale contesto, la Società si riserva di tutelare la propria immagine e reputazione in ogni opportuna sede, chiedendo all’Autorità Giudiziaria di identificare gli autori di tali gravissimi atti di disinformazione”.

Il concetto di post verità (in parole povere l’incapacità di scindere verità e falsità e di formarsi un’opinione attraverso notizie false prodotte ad hoc) è quindi applicato, e non per la prima volta (celebre il caso Barilla e la pasta contaminata), anche al settore alimentare. E contro marchi che spendono molto in pubblicità.

Sappiamo che l’azienda si tutelerà e l’Autorità giudiziaria farà il suo dovere. Ma questo ci pare un caso da tenere sotto controllo, anche perchè potrebbe anche configurarsi il reato di estorsione.

Dietro la “bufala” potrebbe esserci stata una richiesta di pizzo? Gualtiero Rivoira (Amministratore Delegato di Fonte Valle Po S.p.a.) non ha rilasciato dichiarazioni differenti dal comunicato stampa. Però un caso di pizzo 2.0 potrebbe svelarsi.

Le macchine delle “bufale” (qui reportage di Agenzia Giornalistica Italia) potrebbero essere facilmente clonabili dalla criminalità organizzata per fare pressioni illecite sulle aziende ed estorcere denaro.

Non sarà certamente il caso di Acqua EVA, ma il pericolo è reale.