Una delle cose che mi hanno spinto a scrivere di cibo e di storie legate al cibo è stata la possibilità di scoprire o di parlare con personaggi unici. Alcuni divertenti, altri arroganti, alcuni bravi e profondi, altre teste di cazzo e borderline.
Insomma, l’umanità dietro al mondo del cibo è sempre e comunque interessante, soprattutto per chi deve raccontare qualcosa.
In questa ottica e perchè adoro studiare marketing e comunicazione, mi sono approcciato alla lettura de “Il Vangelo secondo Burgez” e finito questo libro (grazie alla combo proposta da Amazon) stamattina ho iniziato Marketing Luther King.
E Simone Ciaruffoli, in quanto personaggio sopra le righe, non ha deluso.
Ma chi è, si chiederanno molti di voi? L’autore è stato critico cinematografico autodidatta, autore di Camera Cafè e direttore creativo di OVO (la video enciclopedia di Andrea Pezzi).
E gli hamburger di Burgez? Leggete il libro e lo scoprirete. Comunque anche lui, ad un certo punto della sua vita, è diventato un imprenditore della ristorazione ma con un approccio diverso rispetto a tanti altri colleghi.
Burgez infatti non è stata una scelta di carriera, non è stata una scelta dettata dai trend. Tanto per capirci, la storia imprenditoriale di Simone Ciaruffoli non è quella di Alberto Cartasegna e Filippo Mottolese di Miscusi.
Il primo locale Burgez è stato un “all-in”, guadagnare o perdere tutto. Senza pudore, l’imprenditore racconta le sue vicissitudini, le sue paure, le sue scommesse. Non appare un predestinato, ma un povero diavolo.
Ma proprio dalla “cazzimma” nasce il successo di Burgez, che nelle intenzioni di Simone Ciaruffoli è un brand prima di una catena. E da qui parte anche la sua cifra di comunicazione, made in Upper Beast Side (la società di comunicazione fondata dallo stesso, all’inizio totalmente in anonimato).
Irriverenza e provocazione non sempre capite da tutti (come dimostra un post su Linkedin di Nicolò Zambello) o per ipocrisia o per ideologia. Ma il messaggio è passato eccome, mettendo spesso il brand al centro dell’attenzione e gratuitamente (evidentemente i critici non hanno mai letto Ryan Holiday o giocano la stessa partita di visibilità).
Tornando al libro, sono presenti ottimi consigli e pagine di ispirazione. Se state pensando ad un format da lanciare leggete le pagine sulla provincialità italiana (che l’autore non ritiene un minus), vi sarà molto utile.
Come sono utili le pagine sulla ricerca del “Bun” perfetto o la ricerca fatta sul campo da Shake Shack (Burgez è lo Shake Shack italiano?).
Il modello di business di Burgez è quindi posizionarsi come fast food popolare e di qualità, location dall’affitto basso, branding spinto e carattere di marca.
Funzionerà nei prossimi anni? Il brand non è copiabile, la comunicazione di Simone Ciaruffoli è difficilmente replicabile a meno di non apparire un coglione. Il prodotto è invece replicabile, e da ambienti milanesi mi dicono che Bun Burgers ci stia riuscendo,
Chi vivrà vedrà. Certamente Simone Ciaruffoli è abituato a cambiare vita.
La frase migliore del libro? Prima apri un’azienda poi vendi una strategia. Riflessione che mi ha fatto pensare ai tanti guru della formazione aziendale senza successi aziendali alle spalle (se non fallimenti).
Sappiate che con 17€ + 9,99€ per Marketing Luther King avrete già un discreto corso di marketing e branding.