Carlo Cracco, o meglio il suo stupendo locale di Milano in Galleria, è sotto attacco da giorni. Protagonisti di questo attacco gli attivisti di Ultima Generazione.
Nulla di nuovo, se pensiamo che anche il mitico negozio Fiorucci di San Babila subiva gli stessi attacchi dei “figli di papà (o di mamma)” dal cuore a sinistra ma il portafoglio familiare molto a destra.
Dichiarano gli attivisti: “Il 57% degli italiani fatica ad arrivare a fine mese. Siamo entrati in questo simbolo del lusso e dell’opulenza per ricordare che, al di fuori dei salotti dorati, c’è un paese che lotta per sopravvivere; mentre c’è chi brinda con champagne e gusta antipasti da 50 euro l’uno, qualcuno si chiede: perché chi lavora duro deve scegliere tra mangiare sano o pagare le bollette? È ora di rendere questo lusso impossibile da ignorare”.
Rebecca, studentessa 21enne fuori sede, ha dichiarato durante l’azione: “Sono una studentessa ed oggi sono qui a Milano al ristorante di Carlo Cracco; dentro un ristorante come questo, e in tutti i ristoranti di lusso, una cena costa come il mio affitto mensile da studentessa fuori sede. Anche lo studio sta diventando un privilegio, gli agricoltori sono in ginocchio, e noi che facciamo la spesa paghiamo sempre di più, e il carrello è sempre più vuoto. Oggi sono scesa in azione per chiedere il giusto prezzo, sia per chi compra, sia per chi produce. Vi faccio una domanda: è più importante un risotto d’autore o una bolletta pagata?”.
Non colgo, forse per mio limite, che cosa dovrebbe fare una persona che si paga una cena o un pranzo da Cracco. Pagare l’affitto a Rebecca? E non comprendo perchè un’attività commerciale che garantisce alla collettività un’entrata di solo affitto pari ad oltre un milione di euro debba subire disagi.
Non si capisce poi perché eliminare un risotto possa come per magia garantire il Diritto allo studio.
Non contenti del primo attacco, i figli di papà o di mamma anticapitalisti (con i soldi degli altri) hanno organizzato un secondo blitz. Con dichiarazione ancora più spassose.
“Per la seconda volta in una settimana, torniamo a gridare contro l’assurdità di un paese dove una cena di lusso costa quanto la spesa mensile di una famiglia. E ancora, da Carlo Cracco, solo silenzio” – si legge nella nota con cui l’associazione ha rivendicato l’azione. La domanda viene rivolta direttamente al celebre chef: «Le chiediamo: è normale che una cena costi quanto la spesa mensile di una famiglia? Qual è il prezzo giusto per chi lavora duramente nei campi per noi? Dopotutto, il cibo è il suo mestiere. Una risposta, Cracco, dovrebbe avercela”.
Anche in questo caso, non capisco perché un imprenditore privato dovrebbe avere una risposta o una soluzione per un problema la cui soluzione deleghiamo, attraverso libere elezioni, ai nostri rappresentanti eletti. Compito di Carlo Cracco, da imprenditore, è condurre un’azienda secondo norme e leggi della Repubblica Italiana.
La storia di Carlo Cracco: dalle umili origini al successo (attraverso studio e lavoro)
Carlo Cracco non nasce ricco, anzi. La scuola alberghiera di Recoaro Terme (frequentata senza mai essere stato prima in un ristorante) è un modo per imparare un mestiere spendibile subito.
Deve portarsi la pagnotta a casa, perchè l’affitto non lo pagano papà e mamma. E tantomeno crede che debba essere lo Stato a farsene carico. La carriera dopo, da Gualtiero Marchesi a Peck fino alla Galleria, è un concentrato di talento, coraggio, lavoro, creatività. Un percorso costruito sul sacrificio e la disciplina.
Ultima generazione (di pagliacci?) forse lo dovrebbe invitare a tenere lezioni invece che imbrattargli il locale. Ma si sa, mica conta il risultato. Bisogna fare l’azione che va “virale” per poi spendersela magari in futuro per qualche carriera politica. Tanto a casa la “pappa” è pronta.
Ho in mente la poesia di Pasolini: “Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete / anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici”.
Piccolissimi borghesi di fronte ad un vero orgoglio della cucina italiana.
La poesia di Pier Paolo Pasolini sui fatti di Valle Giulia:
Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza /
se allora non eravate ancora nati…
Adesso i giornalisti /
di tutto il mondo /
(compresi quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica /
nel linguaggio delle Università) il culo.
Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete /
anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia /
avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, /
contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati /
bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto /
ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, /
o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
(….)
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza /
di rancio fureria e popolo. /
Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso, senza più amicizia col mondo,
separati, esclusi (…)
Siamo ovviamente d’accordo contro /
l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, /
e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo /
di eletta tradizione risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto /
un frammento
di lotta di classe: e voi, amici /
(benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri.
Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
Foto copertina di Chiara Schiaratura per Soldoutservice.
1 Comment
Non si tratta di un ‘accanimento’ contro Cracco come persona o imprenditore, ma della scelta di un simbolo potente per accendere un dibattito pubblico. Filiere sostenibili e stipendi dignitosi: perché questi standard non possono essere la norma per tutti gli esercenti? Perché abbiamo normalizzato un sistema dove il cibo di qualità, prodotto eticamente, è un lusso per pochi? La protesta non è contro Cracco, il ristorante o i suoi dipendenti, ma contro un sistema economico che rende inaccessibili a molti, anche i bisogni fondamentali. L’azione mira a creare visibilità mediatica per parlare di salari stagnanti, povertà lavorativa e disuguaglianze crescenti – temi che altrimenti resterebbero ignorati. Una protesta davanti a un edificio governativo o in un ristorante qualunque non avrebbe generato questo dibattito. Da anni proteste fatte “nei luoghi giusti verso le persone giuste” passano completamente inosservate. Tu stesso non ne avresti mai parlato e non ci avresti dedicato un video. La scelta strategica di un luogo simbolico ha portato le persone a discutere di questi temi, ed è esattamente ciò che da sempre Ultima Generazione vuole ottenere con queste azioni. Che se ne parli.
Per lottare e cambiare, prima, bisogna rendere visibile il problema. E a volte, per essere visti, è necessario portare la protesta nei luoghi che incarnano le contraddizioni del nostro sistema economico. Non abbiamo bisogno di difendere chi ha già potere e visibilità. Cracco non è una vittima, non subirà conseguenze economiche da questa azione simbolica. Al contrario, le vere vittime sono le migliaia di persone che lavorano con dignità ma non possono permettersi molto. Quando la discussione diventa ‘povero Cracco’ o ‘ma lui paga bene i suoi dipendenti’ etc perdiamo l’ennesima l’opportunità di parlare del problema sistemico che si vuole evidenziare. Supportare una causa significa anche capire la strategia comunicativa dietro certe azioni. A volte, per ottenere attenzione su temi ignorati, è necessario creare momenti di rottura che generano dibattito. È esattamente quello che sta succedendo ora, e ogni commento che sposta l’attenzione sul ristorante o sul ristoratore, anziché sul sistema, diluisce l’efficacia del messaggio. Chi ha davvero bisogno del nostro supporto? Le persone che non arrivano a fine mese o uno chef stellato con un ristorante in Galleria?
Quando si discute di crisi climatica, il vero problema non è solo il COME vengono portate avanti le proteste, ma l’assenza di soluzioni concrete da parte di chi le critica. Gli esperti dovrebbero essere qui per analizzare, correggere, guidare, proponendo soluzioni.
La persona che commentano l’operato degli attivisti di Ultima Generazione, criticando i loro metodi di protesta, spesso dicono una cosa fondamentale: “Loro hanno ragione”. Questi giovani stanno letteralmente vedendo il futuro crollare sotto i loro piedi. Sono terrorizzati perché vivranno le conseguenze dirette del collasso climatico ed economico. La loro paura è palpabile. Eppure, nonostante decenni di attivismo climatico in varie forme (manifestazioni, petizioni, proposte di legge, processi etc), i risultati sono stati quasi nulli. Governi, istituzioni e aziende continuano a temporeggiare. La crisi climatica non è trattata come la gravissima emergenza che è. Le persone vivono immerse nelle loro difficoltà quotidiane e non si accorgono che il mondo sta cambiando rapidamente. Questi giovani attivisti sono arrivati al limite: non sanno più come farsi ascoltare, come catturare l’attenzione di chi può fare la differenza. La realtà è che spesso anche le persone comuni si disinteressano di come sopravviveranno le generazioni future, inclusi i propri figli. Il punto su cui dovrebbe concentrarsi chi critica non è solo il metodo, ma il perché questi attivisti siano costretti a spingersi fino a questi estremi. Anziché criticarli, dovremmo tutti chiederci: perché decenni di attivismo in varie forme dentro associazioni, enti, comitati, collettivi, partiti che hanno organizzato proteste pacifiche, raccolte firme etc non hanno funzionato? Che ruolo giocano i media, la politica, e l’industria nel mantenere questo status quo? E perché la popolazione sembra così disinteressata alle sorti del pianeta? Gli esperti, soprattutto coloro che riconoscono che la causa è giusta, devono affiancarsi a questi movimenti, portando soluzioni e contribuendo a rendere le proteste più efficaci. È inutile limitarsi a criticare se non si è mai stati davvero coinvolti. La maggior parte delle persone che oggi si lamentano dell’inefficacia di queste azioni, non ha fatto nulla per anni. Non ha partecipato a niente come cittadinanza attiva, non si è mai unita a movimenti, comitati, collettivi, enti, organizzazioni, associazioni, partiti, nulla. Non ha mai contribuito. E proprio questo atteggiamento passivo è uno dei motivi per cui siamo arrivati a questo punto. La critica è sterile se non è seguita da proposte concrete. Dove sono le analisi sul perché anni di tentativi pacifici non hanno avuto effetto? Dove sono i consigli su come attivarsi e rendere queste iniziative più efficaci? Gli esperti hanno un ruolo cruciale: devono essere presenti, devono portare il loro know-how e contribuire in modo pro-attivo, non occupare altro spazio mediatico con critiche sterili e senza suggerimenti per chi rischia tutto per il cambiamento. Se critichiamo solo per ottenere attenzione o per guadagnarci la nostra visibilità, stiamo facendo esattamente quello che rimproveriamo agli attivisti di Ultima Generazione: cercare rumore mediatico senza avere una vera soluzione. Concludo: le persone esperte e professioniste che comprendono la gravità della crisi climatica, dovrebbero unirsi al cambiamento, non limitarlo. La critica senza azione non è altro che un altro ostacolo sulla strada per un futuro non sostenibile, ma vivibile.