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Chiara Appendino. La visione della Torino del cibo

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Eat Piemonte è un blog apartitico. Non facciamo politica nè rappresentiamo Partiti o Associazioni. Ma abbiamo deciso di sentire i candidati per la carica di Sindaco della Città di Torino per capire i loro programmi e la loro visione di Torino come città del Cibo, della Cultura e del Turismo.

Iniziamo con il candidato del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino (qui profilo). I prossimi appuntamenti saranno con Giorgio Airaudo e Piero Fassino. Queste interviste non sono un endorsement verso nessun candidato. Semplicemente sono informazione.

Chiara Appendino, dopo Expo2015 Milano è al centro del dibattito fra economia e cibo. Torino rischia di vedersi sorpassata proprio in un settore che, da sempre, è invece fiore all’occhiello. Lei immagina una Torino Capitale del Cibo italiano?

Come Consigliere Comunale di Torino, e più in generale come Movimento 5 Stelle, abbiamo avuto un atteggiamento critico nei confronti dell’Expo di Milano. Per quanto riguarda Torino e gli eventi che sono stati organizzati presso l’Expo la mia principale critica era rivolta al fatto che ingenti investimenti (la Città ha speso più di 1 milione€) non avrebbero portato ricadute sul territorio sufficienti da giustificarne l’impegno e non avrebbero lasciato nulla dopo.

Questione assai rilevante in un momento noto di scarsità di risorse e in cui si fa fatica a rispondere ai fabbisogni primari dei nostri cittadini. La mancanza di una regia pubblica condivisa sul tema del cibo ha lasciato campo libero agli imprenditori i quali, giustamente, pensano al proprio brand e al fatturato delle loro imprese. Credo che però non sia troppo tardi per mettere a sistema le ricchezze di Torino e del territorio metropolitano torinese.

Torino e il Piemonte sono riconosciuti a livello mondiale come bandiere del cibo sano e di qualità. La nostra produzione artigianale casearia, enologica, dolciaria e via dicendo viene ammirata e invidiata in tutto il mondo e il settore enogastronomico è un vero e proprio volano del nostro Turismo. Davanti a un simile patrimonio per un Amministrazione è un dovere difendere e promuovere le eccellenze presenti.

Chiara Appendino

Le filiere del Cibo, nella sua visione, sono motori per lo sviluppo del Turismo inteso come posizionamento del brand “Torino”? Trova anomalo che Barcellona abbia, per esempio, un Museo del Cioccolato e Torino no? Oppure, a suo parere, sono altre le priorità?

Posso dire che a mio giudizio il tema “Musei”, intesi nell’accezione classica, sia ormai da accantonare. Non credo che Torino abbia bisogno di un ennesimo museo di qualcosa, piuttosto ha bisogno di un posto, anzi di più posti, nei quali si coniughino più elementi: l’istruzione, cioè l’imparare a fare qualcosa, la trasmissione del sapere artigianale, la conservazione della memoria e la divulgazione.

Questo nuovo format che non è prettamente “culturale”, se non nella sua accezione più ampia, credo possa essere applicato a molte eccellenze torinesi, dal design, all’automotive, dalla produzione di stilografiche, al cibo. Bisogna riconoscere che alcune cose, in particolare con il primo progetto Urban, siano state fatte per migliorare e rilanciare ad esempio Porta Palazzo. Un esempio per tutti può essere il grande lavoro dell’On. Rinaldo Bontempi, che si era prodigato molto anche in sede europea per i mercati torinesi. Ci sembra però che non si sia giunti ad una conclusione e che il lavoro da fare sia ancora parecchio.

Le manifestazioni legate al cibo a Torino esistono, ma, per fare un esempio, a lei sembra normale che a CioccolaTò i principali spazi vengano concessi per far campeggiare strutture a forma di mucca viola o di palloni da calcio? Come possiamo affermare di tutelare la qualità Made in Piemonte se poi a farla da padrone in questi spazi sono solo multinazionali che vedono prodotti industriali? Magari accanto c’è una bancarella di mastri cioccolatieri, con decenni di tradizione, che deve giustificare ai cittadini un prezzo più alto, necessario per sostenere una qualità neanche lontanamente paragonabile.

Il tentativo di diversificazione dell’area metropolitana in ottica di aumento dei flussi turistici è stata una delle leve della gestione del Centro-Sinistra. A suo parere quali sono i punti di forza dell’offerta metropolitana per il Turismo e quali sono invece gli assi di miglioramento?

Cercherei di limitare la mia risposta alla tematica del cibo, perché come ho già affermato il Turismo è correlato anche ad altro, ad esempio all’offerta culturale o ai congressi. Ci sono state in passato alcune importanti iniziative, ne cito due che mi sembrano esemplificative: il Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino e la Strada Reale dei vini torinesi. Purtroppo l’imperfetta transizione dall’Ente provinciale alla Città Metropolitana ha fatto sì che molte ottime iniziative storiche, che hanno una ricaduta diretta sul Turismo, siano state quantomeno accantonate. Per fortuna non siamo all’anno zero, ma crediamo che la Città Metropolitana abbia il compito di riprendere il lavoro lasciato in sospeso e di migliorarlo.

Indubbiamente gli assi di progresso su cui si potrebbe lavorare stanno nell’ampliamento della rete commerciale dal produttore al consumatore. Nell’area metropolitana di Torino esistono molte realtà di questo tipo ma in Torino città si contano sulle dita di una mano. Da un lato per una questione meramente logistica, dall’altro perché si trovano all’interno di un tessuto commerciale dominato dalla grande distribuzione organizzata con cui non possono competere. Modi per migliorare ce ne sono diversi. Per fare due esempi, istituire un serio controllo sulla proliferazione dei grandi centri e favorire forme di acquisto collettivo in un’ottica di economia collaborativa di scala, dove tanti cittadini facciano acquisti per volumi che permettono alle realtà di cui sopra di sostenersi.

L’offerta culturale è strettamente legata al potere di attrazione del “brand” Torino. Citiamo ClubToClub e Movement, ma anche VieW Conference, le Fiere d’Arte, TODays e il Jazz Festival. Manifestazioni a volte sostenute pesantemente dall’Amministrazione a volte lasciate all’impegno dei privati. Su quali manifestazioni punterebbe la sua Amministrazione e come ri-definirebbe il ruolo della Fondazione per la Cultura?

In questi cinque anni di mandato ho più volte sostenuto che si debba essere pragmatici nella valutazione delle ricadute turistiche delle risorse che si decide di impiegare per eventi culturali, che hanno come obiettivo principale l’attrazione di turisti e non la diffusione della “cultura di base”.

Questi rappresentano, infatti, un costo a fronte del quale si hanno dei benefici diretti ed indiretti per tutta la città. Amo sempre ricordare lo studio eseguito per calcolare le ricadute dell’investimento pubblico nel Salone del Libro. Se dunque si finanzia un festival o un evento per averne un beneficio in termini di turisti presenti in città oppure di maggiore spesa in servizi, bisogna ex ante elaborare degli indicatori e poi verificare che l’obiettivo che ci si è posti venga raggiunto.

Nel caso in cui ciò non accada bisogna comprenderne le ragioni e avere il coraggio di fare la scelta di concentrare le risorse pubbliche solo su quegli eventi che garantiscono gli obiettivi. Mi sembra un discorso di buon senso. Per quanto riguarda la Fondazione per la Cultura ho più volte espresso il mio pensiero: la Città di Torino è un ente che, sia come professionalità interne sia come affidabilità, può occuparsi direttamente di ricercare e contrattualizzare le sponsorizzazioni di cui ha bisogno. Nel campo culturale, per quei casi in cui sono richiesti specifici interventi, esistono già altri Enti, quali ad esempio il Teatro Regio, che con la loro attività di fundraising potrebbero affiancare la Città. Evitiamo quindi doppioni inutili.

Gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione per la promozione del Territorio e della Cultura sono tanti. La già citata Fondazione per la Cultura, Turismo Torino, Fondazione Torino-Musei. A suo parere cosa funziona in questo sistema e cosa deve essere migliorato?

Come già argomentato, gli strumenti possono essere efficienti ed efficaci oppure no, per saperlo però occorre darsi degli indicatori. In merito alla Fondazione per la Cultura mi sono già espressa, ma un ragionamento analogo andrebbe fatto tanto per Turismo Torino quanto per la Fondazione Torino Musei.

La Città ha un settore Turismo ed un settore Musei che rischiano di far diventare un inutile doppione gli enti a cui si riferisce. Bisogna uscire dalle ideologie e guardare ai numeri e ai risultati, senza escludere però dall’orizzonte delle scelte nessuna opzione, sia essa la gestione diretta in tutto o in parte del servizio, sia invece l’accorpamento con altre fondazioni, come ad esempio il progetto del Polo dell’Arte Contemporanea.

La mia formazione e la mia professione (Chiara Appendino è laureata in Economia Internazionale alla Bocconi di Milano ed è specializzata in controllo di gestione, nda) mi portano a ragionare sui numeri e sui bilanci e quindi vorrei ripartire da questi per poter migliorare i servizi e renderne i risultati facilmente comunicabili alla cittadinanza.

Rendering del progetto area ex-Westinghouse

Rendering del progetto area ex-Westinghouse

L’economia dei Congressi è internazionalmente una delle voci di maggior revenue per il sistema turistico di una città. Il progetto di un rinnovato Centro Congressi nell’area ex-Westinghouse vede l’opposizione del Movimento 5Stelle. Che cosa non vi convince di questo progetto?

Non si tratta della contrarietà ad un Centro Congressi, siamo i primi a considerare opportuna a Torino la presenza di un altro polo per i congressi che possa fare concorrenza al Lingotto, ma non in quella zona, non a scapito del verde pubblico, non per costruire l’ennesimo centro commerciale e soprattutto non senza essersi confrontati con la cittadinanza. Torino ha un grande patrimonio di edifici che si presterebbero alla realizzazione di un Centro Congressi il primo è proprio Torino Esposizioni, recentemente oggetto di un accordo con l’Università per riconvertirlo in spazi per la didattica, il secondo è il Palazzo del Lavoro, oggetto di una variante urbanistica, piuttosto discussa, per trasformarlo in un centro commerciale. Pensiamo sia opportuno ripartire dall’esistente per valorizzarlo, piuttosto che pensare ex novo edifici.

A livello commerciale Torino vive una polarizzazione estrema. I successi di via Lagrange pedonalizzata e della rinascita di zona Vanchiglia si scontrano invece con la desertificazione commerciale delle Periferie. Molti ristoratori sentono la necessità di una riduzione del costo del suolo pubblico per i dehors (dal 2014 al 2015 +28% circa) e della raccolta rifiuti. State riflettendo in ottica di alleggerimento della pressione fiscale locale per gli esercizi pubblici?

Fin da quando è iniziata la campagna elettorale abbiamo proprio cercato di raccontare anche questo delle due facce di Torino, una nella quale anche gli investimenti pubblici hanno contribuito a renderla più appetibile e una sostanzialmente abbandonata. La divisione Centro-Periferia non è però corretta, perché come lei ricordava c’è anche Vanchiglia nelle zone di crescita.

La pressione fiscale, soprattutto quando è sproporzionata, costituisce un ostacolo per le imprese. Ci tengo a ribadire la proporzionalità, infatti ritengo che sia corretto che in un’area di grande afflusso i costi per il suolo pubblico siano maggiori rispetto ad un’area con una minor clientela potenziale. Purtroppo la Città ha accumulato in questi anni 3 miliardi € di debito e stiamo imparando che questa cifra, che noi abbiamo sempre denunciato, non è un qualcosa di teorico ma ha poi delle ricadute concrete sui minor servizi erogati e sulle maggiori tasse che tutti dobbiamo pagare.

Le responsabilità per queste scelte sono chiare, ma pensiamo si debba andare oltre e cercare di costruire ugualmente il futuro. Ritengo che nel breve periodo un alleggerimento generale della pressione fiscale agendo solo sulle leve a disposizione del comune sia difficile.

Nell’ottica del mandato invece abbiamo presentato alcuni punti programmatici, quale ad esempio la riorganizzazione della macchina comunale, finalizzata ad ottenere risparmi che, ovviamente, potranno poi essere tradotti in un abbassamento delle tasse e imposte comunali.

In ultimo, molte piazze storiche come piazza Carignano, piazza San Carlo o piazza Castello sono teatro, spesso, di manifestazioni non all’altezza del carattere aulico dei luoghi citati. Qual’è la sua posizione?

Ci siamo battuti in questi cinque anni perché le piazze auliche non siano più usate per qualunque tipo di manifestazione. Lo abbiamo ribadito recentemente e da poco tempo, anche su nostra pressione, è in vigore una nuova procedura che demanda direttamente al Sindaco l’autorizzazione di eventi e manifestazioni in queste piazze di Torino.

Il sito di Chiara Appendino.



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Dario Ujetto

Da adolescente senza computer a quasi quarantenne googleiano DOC. Ovvero: come passare dalla lettura del giornale cartaceo, alla scrittura di un blog in meno di un nano secondo. Ma mi occupo anche di marketing, cibo, libri e comunicazione.

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