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CALO DEL PREZZO CARNAROLI – LE OPINIONI DEI LEADER

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Continuano le nostre domande ai produttori basate sull’articolo “allarmistico” della Coldiretti Lombardia.
Dopo il meteo non certo “ideale” riflettiamo insieme sul calo delle aziende agricole dedite alla coltivazione dei preziosi chicchi.
Piero Rondolino di Acquerello“La riduzione del numero delle aziende agricole è un fatto fisiologico, sano, perché migliora la competitività delle aziende che, concentrandosi, aumentano la superficie media pur restando quella totale sostanzialmente invariata”.
UNA RIFLESSIONE SUL CROLLO DEI PREZZI DEL CARNAROLI
“Per quanto riguarda il prezzo del Carnaroli – continua Rondolino – l’oscillazione in questo periodo molto forte è motivata da una non attenta programmazione delle semine da parte dei risicultori che, tendenzialmente, quando il prezzo è alto ne seminano di più generando quindi nell’anno successivo un conseguente calo del prezzo”.
Molto meno ottimistico il punto di vista di Laura Renditore, portavoce di Ecorì Italia per quanto riguarda i prezzi del riso e il loro crollo la situazione è da ricondurre alla drammatica decisione di aprire il mercato italiano alle imprese estere. Non essendo il riso italiano protetto da alcun marchio, questo ha permesso alle riserie di comprare riso dall’estero ad un prezzo inferiore rispetto a quello italiano e di venderlo come riso italiano. Il costo più elevato del riso italiano era dovuto ai maggiori costi legati a manodopera e tasse per cui è facile vedere come ora la maggior parte del rischio sia spostato sui produttori.
Detto ciò, ci tengo a sottolineare che questo non vuole essere un attacco alle riserie, infatti esistono numerosi esempi virtuosi tra esse. Ad esempio uno dei soci Ecorì, Roberto Viazzo, ha scommesso sulla qualità. Purtroppo però l’attuale normativa fa sì che questa sia l’eccezione e non la regola e molte volte le logiche di prezzo prevalgono sulla difesa della qualità.
Soluzioni al momento non se ne vedono, anche perchè la PAC (Politica Agricola comune) è destinata a diminuire. Alcuni produttori hanno cercato di ridurre i costi acquistando varietà meno costose o con un valore di mercato maggiore. In altri casi si è cercato di ridurre i costi non producendo più il riso da seme, quindi eliminando i costi legati alla monda e ad alcuni diserbanti.
L’unica vera soluzione è di proteggere il riso italiano con certificazioni (noi abbiamo puntato su ecocompatibilità e tracciabilità), facendone capire al consumatore finale il vero valore. Purtroppo finora la legislazione è andata nella direzione opposta”.
Chiude Michele Perinotti de Gli Aironi Risi&Co“in questo senso la mia risposta potrebbe sembrare fuori dal coro.
È evidente che se l’agricoltura italiana insegue produttività tipiche delle varietà internazionali non riesce a competere con il mercato globale del riso. Oggi le altre colture ridiventano competitive e c’è stato uno spostamento dei terreni destinati alla coltura riso molto importante. 
Se le scelte varietali saranno indirizzate alle varietà da interno il futuro nel medio periodo potrà essere sostenibile, ma se le scelte varietali saranno solo orientate a quantità e spersonalizzazione inseguendo mercati internazionali solitamente soddisfatti da risi mediorientali, spagnoli e americani non saremo più competitivi. 
Pare assurdo fare questi ragionamenti in un momento in cui i prezzi delle varietà un tempo dette con un bruttissimo termine “da interno” (mi piacerebbe che fossero le varietà più vendute soprattutto all’estero!) stanno sensibilmente scendendo, ma rimane secondo me l’unico modo perché la risicoltura nazionale possa sostenere la competitività dei mercati internazionali puntando su qualità, eccellenza, tipicità e modalità di preparazione ed utilizzo del riso tipicamente italiano. Altro mercato è quello delle trasformazioni quindi operazioni tecnologiche che possono dare valore aggiunto alla materia prima e quindi una filiera tra agricoltura e industria che possa garantire prezzi alla prima e mercati alla seconda. 
In questo senso lo sviluppo della filiera integrata dalla produzione alla commercializzazione del prodotto anche di piccoli protagonisti del settore come la nostra azienda esce dalle logiche commerciali di una materia prima spersonalizzata e soprattutto vittima di un’offerta polverizzata come quella della micro azienda agricola tipica italiana. 
In questo caso il valore aggiunto è dato dalla selezione in campo, dalla trasformazione e dalla capacità di posizionarsi in nicchie di mercato ancora molto aperte sia in Italia che all’estero. 
La capacità di stare sul mercato di aziende piccole ma importanti come le nostre sarà quella di riuscire a interpretare le logiche economico-commerciali che mai come in questi ultimi anni stanno sconvolgendo il mercato della distribuzione in Italia e le scelte di posizionamento “Gourmet” che le catene in Italia ma soprattutto all’estero stanno facendo e che dovremo aiutare a fare. L’innovazione di prodotto completerà questo percorso aumentando il valore aggiunto della materia prima Riso. Ma non dobbiamo mai dimenticare che l’Italia rappresenta meno dello 0,5% del territorio mondiale ed è sempre ai primi posti nei pensieri di foodies e turisti in tutto il mondo. Questa è la base per costruire il nostro futuro”.


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Dario Ujetto

Da adolescente senza computer a quasi quarantenne googleiano DOC. Ovvero: come passare dalla lettura del giornale cartaceo, alla scrittura di un blog in meno di un nano secondo. Ma mi occupo anche di marketing, cibo, libri e comunicazione.

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